Un senso di serenità unito ad un’ingenua leggerezza sono gli ingredienti del primo romanzo della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto, “Kitchen”. Il curioso nome d’arte “Banana” deriva dalla passione dell’autrice per la bellezza dei fiori rossi del bijinsho, detto anche “red banana flower” (pseudonimo in perfetto stile giapponese: anche Basho, poeta del diciassettesimo secolo, prese il nome dall’albero di banano).
Prima della pubblicazione dell’opera, avvenuta nel 1986, in Giappone si respirava un clima d’attesa: mancava qualcuno, un’artista, un poeta, un regista, uno scrittore, che potesse esprimere a voce alta quello che le nuove generazioni avvertivano. Cresciuti in un mondo tecnologico, a suon di televisione e computer, costretti ad adattarsi a una società - lavoro basata esclusivamente sull’economia, i nuovi giovani respiravano l’aria di rassegnazione e sfiducia verso la politica che contrassegnava ormai l’animo dei loro padri (gli eredi del sessantotto, per intenderci) e cercavano qualcosa di più: cercavano uno svago, una via di fuga, di fronte a quel mondo superficiale e deludente, la quale sembrava essere, per alcuni la droga e l’alcool, per altri, più fortunati, attraverso il cinema, la musica pop e rock e anche attraverso il manga (fumetto), genere diffuso dagli anni ’50. È proprio qui che risiede la novità della Yoshimoto: l’autrice parla non con il linguaggio roboante e noioso dei libri scolastici, ma attraverso una freschezza e una dinamicità tipici dei fumetti per ragazzi. Così, frequenti sintesi bruciano la narrazione a favore di immagini, sensazioni e stati d’animo appena avvertiti a fior di pelle: nessuna dettagliata descrizione psicologica o ambientale nel romanzo, solo gesti, paesaggi, atteggiamenti e pensieri da interpretare.
Romanzo epidermico, forse superficiale in apparenza, ma in fondo ricco di spunti di riflessione, “Kitchen” si divide in due parti: “Kitchen” e “Plenilunio”, ed è seguito da un breve racconto, “Moonlight Shadow”, tesi di laurea dell’autrice. I due testi, apparentemente molto diversi, sono accomunati dal medesimo tema: la morte. Ma in questa recensione voglio parlarvi solo del romanzo vero e proprio, “Kitchen”.
La vicenda si svolge in Giappone. Mikage è una ragazza ventenne, studentessa universitaria, orfana di entrambi i genitori, cresciuta con la nonna. La morte è il moto propulsore, la scintilla da cui scaturisce l’intera vicenda. La nonna di Mikage muore inaspettatamente infatti e la ragazza resta sola al mondo. O almeno così crede, fino a quando suona il campanello di casa e una certo Yuichi fa irruzione nella sua vita. Yuichi è il ragazzo che lavora dal fiorista presso cui la nonna si serviva quando era in vita e propone a Mikage di vivere con lui e la madre, Eriko. Mikage accetta.
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