La seconda parte è una svolta radicale: d'improvviso i nostri Elisewin, Padre Pluche, Plasson, Ann Deverià, Bartlebloom e Adams, a cui ci eravamo piacevolmente abituati e affezionati, scompaiono e la scena è occupata da una nave, l'Alliance. Questo è il resoconto drammatico e tragico di un naufragio, la paura sulle scialuppe cariche fino al limite, la sete e la fame, le notti intrise di sangue e follia, il dolore per la perdita di un amico, i sempre meno sopravvissuti aggrappati a ricordi o visioni, a rabbia e volontà, cieca volontà di sopravvivere a ogni costo.
     Realismo tragico, sconvolgente, resoconto di una natura umana hobbesiana. Il racconto è in prima persona, ma i punti di vista sono due: prima quello di un ufficiale, poi di un passeggero. Baricco nuovamente ci spiazza: uno stesso fatto è visto in modo diametralmente opposto. La tragedia è unica, ma lo sguardo bifronte: è difficile capire chi sia dei due la vittima e chi il colpevole. Il punto di vista qui è soggettivo, perciò è il lettore che deve giudicare, alla luce degli avvenimenti.
     Nella terza parte l'autore ritorna sui suoi passi e si riallaccia al filo conduttore iniziale: di nuovo la locanda, di nuovo il mare. Pian piano vengono svelati i destini dei protagonisti, i segreti prima celati tra le righe e anche quel libro secondo, isola solitaria al centro del romanzo, troverà qui un senso, uno scopo alla propria esistenza.
     Il pregio dell'opera è lo scivolare sopra tutti questi eventi senza appesantirli, la scorrevolezza della lettura, la piacevolezza con cui le righe si lasciano leggere e assaporare. Un libro che si legge d'un fiato. Che va riletto, per gustarlo senza fretta, con lentezza, come un piatto prelibato.
Nel romanzo si susseguono descrizioni, dialoghi senza interruzioni, la ricostruzione del naufragio, le poesie di padre Pluche, che paiono dialoghi con un amico, lettere appassionanti scritte alla futura anima gemella, se mai la si incontrerà, il catalogo delle tele bianche di Plasson, il pittore che vuole dipingere il mare e poi pensieri e sogni, a volte stavaganti.
     Un velo di tristezza tuttavia - una nebbiolina leggera sullo sfondo del nostro quadro - sembra avvolgere l’intero romanzo. E’ la tristezza che deriva dalla consapevolezza che la morte, grande tabù della società moderna e del Giappone, ricco frutto di una società globalizzata, esiste. Non siamo immortali, le persone che ci sono vicine, con la loro corporeità, la loro anima, la loro presenza, potrebbero andarsene, sparire da un momento all’altro.

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