prestigio che forgi i nuovi talenti di ottocentesca memoria, oggi le accademie dovrebbero insegnare a conoscere la storia dell'arte antica, moderna e contemporanea, quali possano essere le tecniche per "produrre" arte, fatto questo il loro compito potrebbe dirsi concluso; è fuorviante pensare di produrre "cloni" del maestro o addirittura discepoli. Ecco quindi che l'unica via d'uscita a questa sovrapposizione di pensieri è quella di accostare lucidamente e criticamente le manifestazioni artistiche che avvengono nella nostra città con quello che avviene nel resto del mondo; per parlare di arte contemporanea a Bergamo bisogna sapere cosa succede a New York, Bilbao, Stoccarda o Nimes, altrimenti si rischia di cercare di imparare a nuotare in un bicchier d'acqua ed in questo senso ci pare che le posizioni del direttore della GAMeC Giacinto Dipietrantonio siano in linea con quelle dei suoi colleghi europei ed americani, quindi condivisibili.
È evidente a questo punto che a Bergamo dal dopoguerra in avanti vi è stato uno scollamento tra quello che avveniva nel mondo e quello che continuava ad esistere nel dibattito culturale cittadino, fatte le dovute eccezioni per alcuni artisti attivi negli anni '60 e '70, tra i quali citerei: Arturo Bonfanti, Rino Carrara, Arturo Vermi e, per alcune loro intuizioni, Camillo Campana, Dietelmo Pievani e Nino Calos come si è potuto rilevare nella serie delle tre mostre "Arte a Bergamo anni '50, '60 e '70" tenutesi a Palazzo della Ragione negli anni scorsi nelle quali si è rapportata l'arte cittadina con quella nazionale ed internazionale.
Nel panorama bergamasco strettamente contemporaneo mi sentirei di citare lo scultore Ugo Riva e anche per certe sue interessanti contaminazioni con la filosofia e l'estetica "Kantiana" Mario Donizetti. |