PUBBLIREDAZIONALI A RISCHIO, Bergamo inclusa!
                                              di Silvia Ferrari e Graziano Paolo Vavassori

     Tempi duri per gli editori con il vizietto del "puff", ovvero della pubblicità occultata sotto forma di articolo giornalistico: con una delibera datata 24 gennaio 2005 l'Ordine dei giornalisti della Lombardia ha deciso di impegnarsi a segnalare all'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Antitrust) tutti i sospetti casi di pubblicità cosiddetta "redazionale". Dopo pochi mesi da questa importante comunicazione, ecco approvata la legge n. 49 del 6 aprile 2005, che amplia i poteri dell'AGCM circa la pratica della pubblicità ingannevole o comparativa; coloro i quali saranno giudicati colpevoli dall'Antitrust si vedranno comminare una multa che va dai 1.000 ai 100.000 euro. Nel caso in cui la pubblicità incriminata promuovesse prodotti potenzialmente pericolosi per la salute dei bambini e, più in generale, per la sicurezza dei consumatori, la sanzione partirà da almeno 25.000 euro.
     Un giro di vite notevole, quindi, che tenta di porsi come argine all'utilizzo indiscriminato di messaggi pubblicitari più o meno nascosti e mendaci, ora molto in voga nel panorama dell'editoria. Una volta tanto, però, non si tratta della classica manovra all'italiana; la pratica del "puff" risale infatti agli albori del giornalismo, in particolare di quello americano. Tra gli anni '30 e '40 del XIX secolo negli Stati Uniti nacque un modo di fare giornalismo destinato a segnare un'era nella comunicazione su carta stampata: era il fenomeno della "penny press", la stampa venduta dagli strilloni al prezzo di un penny ed accessibile, quindi, a quelle fasce sociali il cui salario giornaliero si aggirava intorno agli ottanta centesimi. Il target di questi nuovi rivoluzionari giornali era il cittadino comune, interessato più ai fatti di cronaca che alle dotte dissertazioni politiche presenti sulle pagine delle altre testate, ben più costose da acquistare; proprio l'attenzione per la cronaca ed uno stile enfatico, sopra le righe, permise ai primi spregiudicati direttori di raggiungere ben presto il milione di copie vendute. Alcuni di loro rimasero talmente famosi che il loro nome è riportato ancora nei libri di storia del giornalismo quali primi pionieri della notizia; Benjamin Day e il suo "Sun", Greeley, direttore del "New York Tribune", Bennett, a capo del "New Morning Herald", furono i primi a comprendere come le notizie che più vendevano erano (e sono) quelle di "human interest", la cui carica emotiva e la vicinanza al vissuto del lettore costituivano un potente incentivo alla curiosità e di conseguenza all'acquisto del giornale, ma Day & C. non si fermarono certo qui: realizzarono concretamente il detto secondo cui "la pubblicità è l'anima del commercio", aumentando sempre più la presenza di inserzioni pubblicitarie all'interno delle pubblicazioni, fino a giungere al già citato "puff" o soffietto, un articolo che celava la pubblicità di un prodotto, commissionato e sovvenzionato sottobanco da privati, disposti a notevoli esborsi pur di avvalersi di questa forma subliminale di messaggio promozionale.

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