I redazionali compiono dunque quasi due secoli: ora, fortunatamente, attraverso la legge approvata e l'impegno dimostrato dall'Ordine dei giornalisti, queste pratiche sono state messe al bando, almeno in teoria. La questione infatti non si esaurisce in termini giuridici; investe altri importanti aspetti della sopravvivenza della stampa e del suo rapporto con il lettore. Come giustamente osserva Franco Abruzzo, presidente dell' Odg della Lombardia, in un comunicato stampa diffuso ai direttori di quotidiani, periodici, telegiornali e radiogiornali, "la pubblicità mascherata uccide l'informazione": la credibilità delle testate viene indelebilmente lesa dalla commistione tra informazione e pubblicità.
L'informazione può e deve restare imparziale e scevra di ogni interferenza commerciale, spogliarsi di quella malafede che inquina il valore proprio delle notizie. Non che la strada dell'eliminazione progressiva dei messaggi promozionali sia la soluzione, ovvio, sarebbe impraticabile e, comunque, deleterio per l'economia delle testate, ma quantomeno, per onestà intellettuale nei confronti del lettore; i confini tra notizie e pubblicità dovrebbero essere ben marcati, attraverso l'utilizzo di differenti mezzi grafici e linguistici. Si tratta anche di un segno di rispetto verso il pubblico, il quale legittimamente si aspetta un'informazione pulita, al riparo dai pericoli di un influsso troppo potente del commercio. Lucrare sulla fiducia dei lettori, imponendo loro spot sotto forma di articoli, è una vera e propria violazione dell'etica professionale. L'unità del mondo giornalistico nel condannare queste pratiche deve essere ferma e netta: solo in questo modo si potrà salvaguardare la credibilità del giornalismo e impedirne la mercificazione, alla stregua di una qualsiasi impresa economica. Per quanto il tema sia nazionale e rimarchi i passi che il resto del mondo sta tracciando, la stampa nostrana non esula da questa pratica poco ortodossa, anzi, ci sono testate che spudoratamente si infangano senza nemmeno celarlo troppo.
Abbiamo parlato di etica giornalistica, abbiamo fatto riferimento alla legge supportata dall'antitrust, ma la pubblicità redazionale aggira anche la Legge 662/96, nella quale, all'articolo 2 comma 20/b, è chiaramente riportato che le testate giornalistiche possono usufruire di determinate tariffe agevolate per la spedizione della rivista con l'Ente Poste Italiane solo se, al loro interno, nell'arco di un anno, non viene superata la soglia del 45% di pagine pubblicitarie in riferimento al totale. Per permettere ciò, è stato istituito un fondo economico per le Poste Italiane. L'uso della pubblicità occulta permette all'editore di superare tale percentuale, guadagnando di più ed usufruendo, allo stesso tempo, dell'agevolazione economica.
Vedremo presto se "la musica cambierà." Nel frattempo, editori, meditate!