anche dall'esempio degli amici tra cui il motocross spopolava, mi diedi a quest'ultimo, almeno fino al 1990, anno in cui ritornai all'enduro con il team Farioli." Da qui, un'escalation continua per Giò. "Eh già.cinque Mondiali, un primo posto assoluto nel '98." un gesto con la mano e un sorriso, come per dire che l'elenco è incompleto, ma non importante; modestia di un campione!

     Nonostante Giò si schermisca, noi siamo impressionati da questa serie di successi: ce n'è stato uno che ricordi in particolare? "Sì, certo: il primo Mondiale vinto (eh sì,il primo Mondiale non si scorda mai.. n.d.a.), oppure la Sei Giorni di Enduro a Lumezzane nel 1997, con il pubblico "di casa" che faceva un tifo indiavolato."
     Nel 1998 Giò tenta la strada del deserto,
inaugurando una serie di partecipazioni alla gara più massacrante tra quelle enduristiche, la famigerata Parigi-Dakar. Cosa ti ha spinto a intraprendere un'avventura così rischiosa? "Fondamentalmente per curiosità; questa gara mi ha sempre affascinato per l'ambiente in cui si svolge, così ho voluto parteciparvi".
     Ogni anno, purtroppo, la Dakar richiede il suo tributo in vite umane: quest'anno è toccato a Fabrizio Meoni, un grandissimo delle due ruote italiane, alla sua ultima partecipazione alla competizione africana. Una fatalità lo ha portato a perdere il controllo della moto, provocando una caduta che ha avuto, come ben sappiamo, conseguenze letali. Nonostante il progresso tecnologico e l'adozione di sistemi satellitari come il GPS o i rilevatori di posizione, queste disgrazie non cessano: ha ancora un senso disputare gare così pericolose secondo te? "Correre è pericoloso in sé" ci risponde facendosi serio "Non è una novità. Certo, nelle corse si sa che ci si deve impegnare per arrivare primi, per vincere; i rischi ci sono, ma non sono molti di più di quelli che si affrontano nel normale traffico stradale, che pure provoca molte morti, soprattutto tra i motociclisti."
     Cos'è cambiato tra la Dakar di oggi e le edizioni di qualche anno fa? "Sicuramente ora c'è più tecnologia. Non è un'evoluzione necessariamente positiva, ma per molti versi è utile; comunque è l'inevitabile progresso delle cose. Oltre all'utilizzo di questi nuovi apparecchi, per rendere veramente più
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