Bello e Brutto, piace o non piace, sono aggettivi che per l'arte contemporanea dovrebbero essere banditi dal lessico comune. Bisognerebbe documentarsi, informarsi, cercare di decifrare il codice personale utilizzato dall'artista e chiedersi: condivido o non condivido? Aggiunge qualcosa a ciò che già conosco oppure no? Si può anche dire non condivido o aggiunge nulla a ciò che già conosco, ci mancherebbe altro. A questo punto però lasciatemi anche criticare l'atteggiamento distaccato di chi dovrebbe prendere d'ufficio le difese del proprio lavoro, cioè i curatori della mostra; il mio amico Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMeC, in primis. Se è vero che erano stati invitati alla trasmissione, perché nessun responsabile della GAMeC si è recato nell'arena televisiva? Perché non ho mai letto sui quotidiani locali risposte ferme da parte degli interessati alle critiche, spesso rozze, che vengono rivolte al loro lavoro?
È un po' troppo comodo rispondere con dibattiti in campo amico, come durante l'incontro organizzato il 16 giugno presso lo "Spazio Parolaimmagine" di via San Tomaso, con la presenza dell'artista in questione giunto per l'occasione da New York; è necessario, a parer mio, anche custodire in "trincea" certe scelte, rispondere a tono sui giornali e partecipare a dibattiti anche in campi ostili, uscire dal guscio delle istituzioni, confrontarsi con la gente. Comunque, se lo scopo del progetto "Arte a dimensione urbana" era quella di far nascere un |