RICORDI E TRADIZIONI D'INFANZIA
                                              di Gaudenzio Rovaris

     Mi piace, come i miei 25 lettori avranno capito dai precedenti articoli, ricordare la vita che ormai non c'è più, le usanze, le tradizioni, i proverbi, i modi di dire, in cui colgo quelle caratteristiche che con la redazione abbiamo deciso di raccogliere sotto il titolo "saggezza popolare". Credo che ricordare l'insieme della vita di una volta dovrebbe servire a richiamare quanto il consumismo e la globalizzazione odierni hanno cancellato dalla vita dei nostri figli, i valori che tenevano unite le nostre famiglie, l'accontentarsi di quel poco che si aveva.
     Alcuni anni fa ho saputo che a Bergamo esiste un circolo culturale "Maria Carta" con sede in via Moroni, 105, 24122 Bergamo - tel e fax 035240376 - di notevole spessore, il quale dimostra vivacità oltre che un notevole numero di sardi-bergamaschi iscritti. L'associazione ha anche un proprio spazio web e un paio di anni fa c'è stato un gemellaggio di pensionati tra Bergamo e Cagliari. I noltre, per vicende personali scolastiche, sono diventato amico di alcuni colleghi sardi che vedo ogni anno in occasione dei periodi di vacanza. Sono questi gli spunti che mi hanno indotto ad inserire nella mia rubrica un momento della nostra infanzia; credo infatti che anche loro ricorderanno con piacere i giochi di quando erano piccoli o dei loro papà.
     Durante il trascorso periodo natalizio ho avuto modo di parlare delle usanze semplici e delle condizioni di vita di una volta con uno di loro, il carissimo professor Pier Giuseppe Casti, più volte Presidente di Commissione agli esami di stato a Bergamo; abbiamo ripercorso la vita povera di quando eravamo piccoli (purtroppo tanto tempo fa...), ricordando il film di Olmi "L'albero degli zoccoli". Lui è originario della cittadina di Ales, centro della Marmilla, ai piedi del monte Arci in provincia di Oristano. È stato per lo meno sorprendente scoprire come le loro usanze di vita di una volta fossero molto simili alle nostre, come i valori dei nostri padri (manifestati nei confronti dei figli con severità anche a volte eccessiva, ma sempre con coerenza) fossero profondi e radicati, come i bambini sapessero adattarsi alla povertà, divertirsi con poco e con materiali semplicissimi, crescere e diventare uomini lottando già da piccoli per maturare ed affermare la loro personalità (oggi noi genitori siamo in genere ... rammolliti, cerchiamo di evitare ai nostri figli ogni fatica, di appianare ogni ostacolo... con il risultato molto frequente di bambini ...di trent'anni...).
     Per quanto riguarda le tradizioni, abbiamo ricordato la "Festa del paese", l'unica forse in cui ci si poteva divertire in modo un po' diverso dal solito, mangiare un po' meglio: i "contus" delle persone anziane nelle lunghe sere invernali, che richiamano le storielle delle nostre nonne, l'uccisione del maiale e i "riti" che l'accompagnavano, la celebrazione della S.Pasqua con i cibi tipici, le" tzippuas" (le frittelle di quaresima), i "su coccoi" (un pane di forme diverse con al centro l'uovo), il pane "indorau" (pane impanato e fritto), le "pardule" (tortine di ricotta e formaggio), ma anche l'occasione per rinnovare il guardaroba e vestirsi un po' bene (anche da noi si indossa qualcosa di nuovo in questa ricorrenza).

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