Fa impressione sentire le vere parole di una donna al suo fidanzato dette con la consapevolezza della morte o le parole rotte dal pianto di una ragazza ai famigliari. Non solo le immagini vere dei telegiornali, ma anche le vere parole.
     Il risultato è una storia scarna, cruda, dove si vedono i fatti, non la psicologia dei personaggi. Non ci sono lacrime perché si vede la sofferenza di un passeggero o i suoi pensieri ai figli a casa, ma il dolore viene proprio dal vedere "solo" quello che è successo. La Storia è più drammatica di qualunque invenzione. La cronaca di quel giorno prende vita, si integrano le colonne dei quotidiani, si mostra il "non scritto", ma il film non diventa racconto, resta cronaca. Non c'è un protagonista o un personaggio con un'identità precisa, non conosciamo nemmeno i loro nomi: ci sono tanti personaggi tutti sullo stesso livello, con la stessa importanza e davanti allo stesso destino. Forse manca la consueta identificazione (più o meno inconsapevole) dello spettatore, ma il coinvolgimento è forte e quando la proiezione finisce, con la dedica a chi ha perso la vita l'11 settembre, è impossibile non riflettere, non chiedersi ancora perché.
     Anche il modo in cui è girato il film ricorda un documentario, senza movimenti di macchina particolari e subordinati a "far vedere". L'unico guizzo di spettacolarità è riservato allo schianto finale, con il girare vorticoso della macchina da presa. La tecnica (esibita) fa un passo indietro rispetto al contenuto. Tra qualche mese, ad ottobre per la precisione, un altro film uscirà nelle nostre sale e ci racconterà dell'11 settembre. Si tratta di "World Trade Center" di Oliver Stone, più sentimentale e vicino ad un kolossal, se vogliamo, più vicino alla consuetudine. Altre immagini su quel giorno terribile, che ci porteranno ancora a riflettere, ad ammettere che, come dicevano i giornalisti cinque anni fa, non si può dimenticare.