Grumelli in Città Alta, tanto per fare due esempi molto distanti nel tempo ma
che hanno indubbiamente segnato le città dove sono stati costruiti. Chi scrive è di cultura unilateralmente liberale e quindi ben lungi da me l'idea che la pubblica amministrazione controlli il mercato, ma il problema della qualità architettonica e di come le città si modificano in funzione di alcuni discutibili interventi urbanistico - architettonici ce lo dobbiamo ben porre. Che città consegneremo ai nostri figli?
     Il problema sta, a mio parere, nell'impoverimento culturale della classe dirigente/imprenditoriale bergamasca (e italiana in genere): la figura del mecenate ricco, colto e di estrazione borghese che tanto ha dato alla nostra città negli ultimi 500 anni è andata sparendo e negli ultimi anni è stata sostituita dalla figura del "self made man" che costruisce condomini e capannoni e specula in borsa, quindi produce ricchezza materiale ma non lascia segni qualitativamente rilevanti che abbiano una ricaduta culturale nella città. Questo fenomeno lo si può riscontrare anche parlando di collezionisti d'arte, oggi sostituiti dalla figura dello speculatore in arte che compra ciò che da prestigio sociale e garantisce l'investimento ma non ciò che ama collezionare.
     Certamente non si può generalizzare ed ogni epoca ha la sua organizzazione sociale, ma se pensiamo alle committenze affidate ai grandi architetti dai signori della città per costruire i loro palazzi nel settecento e ai grandi artisti che hanno lavorato per le grandi famiglie bergamasche nelle loro dimore private nel corso dei secoli, è evidente che il dibattito va aperto e discusso. Non sottovaluterei, in questo processo di impoverimento della qualità architettonica, il ruolo avuto dalla chiesa, istituzione che per secoli ha chiamato a lavorare i più grandi artisti contemporanei (pensiamo all'officina di San Pietro a Roma), mentre oggi raramente affida ad architetti o artisti bravi la progettazione dei luoghi di culto, musei o degli oratori. Basti osservare certi "obbrobri" in alcune chiese dove si devono sopportare "Via Crucis" eseguite da artisti contemporanei mediocri affiancate a pale d'altare di grandi maestri antichi oppure infelici pale d'altare in marmo bianco in stile neo-cubista convivere con magnifici pulpiti barocchi.
     Tutto ciò non può che avere una ricaduta negativa sulla qualità architettonica della nostra città, sempre più statica all'interno del centro storico e addirittura brutalizzata nelle sue prime periferie: Celadina, Colognola, San Bernardino Bassa, ecc. per citare alcuni quartieri. Qualche timido segnale di ripresa c'è stato in alcuni recenti interventi: la biblioteca Tiraboschi di Mario

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