sia la cifra stilistica di King. La narrazione non ha mai picchi, nemmeno nei momenti che dovrebbero essere di maggiore tensione: va bene affidarsi all'immaginazione del lettore, ma un effetto di suspence qua e là non avrebbe fatto male. La psicologia dei personaggi è abbastanza banale, rispondendo a stereotipi da serie televisiva: la famiglia borghese apparentemente unita, ma con un segreto matrimoniale scomodo, e la disgrazia che arriva a minarne per sempre la serenità; la famiglia del meccanico, formata da un marito ignorante e violento, un figlio plagiato ma con possibilità di riscatto e una moglie che sogna la libertà ma non ha mai la forza di prendersela da sé. Migliore il personaggio dell'amante di Donna, Steve Kemp, un poeta a tempo perso dall'insospettabile irascibilità: i paragrafi in cui si descrive il devasto prodotto dall'uomo in casa Trenton, dopo il definitivo rifiuto oppostogli dall'amante, è grandioso proprio perché stridente con l'immagine di persona tranquilla e sognatrice che si avrebbe normalmente di un poeta, seppur dilettante. Peccato che a rovinare il tutto ci pensi ancora lo stile "a elettroencefalogramma piatto" di King: è come se il sopravvissuto ad una strage di mafia descrivesse quello che ha appena passato con indifferenza e pacatezza. Assolutamente contrastante.
     Alcuni passaggi, come le riflessioni di Donna presa dai rimorsi a causa del suo tradimento, sembrano scritti da Rosamunde Pilcher, se mi passate il paragone. Per un autore definito "il re dell'horror" dare una tale impressione è squalificante. Ci tengo a precisare che non mi baso solo su questo libro per giudicare lo stile di King: ho letto parecchie sue opere, arrivando a pensare che forse si privilegi la quantità alla qualità. Troppi punti morti, molti elementi inutili nell'economia dell'intreccio: il salvataggio di Cujo dal mio indice dei libri usa e getta si compie solo per il finale, straziante e impietoso.
     Non si fa in tempo a trovare un punto positivo nel libro, che una cascata di melassa in agrodolce mi investe nell'epilogo, trasudante buonismo secondo il collaudato paradigma "la famiglia resta unita anche se mia moglie mi ha messo le corna e ho perso il figlio". Beh? E dov'è finito il Male incarnato da Cujo, nemesi dell'uomo e castigo divino per i suoi peccati? Distrutto con la morte del cane? Così, banalmente cancellato da un colpo di mazza ben assestato? Ed io che pensavo che King fosse un po' più dark e maledetto. Che delusione: di questo finalino da soap opera non sentivamo proprio il bisogno, Steve.
                                                                               Silvia Ferrari

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