Il vagabondare del giovane è tutto un anelito verso la madre, trasfigurata con il tempo nella Madre di tutti i viventi, sintesi perfetta di vita e morte, di dolore e piacere: Boccadoro, come sua madre, è percezione e immagine, perché rispetto alla perfezione della Natura "nulla si poteva esprimere. e tuttavia si aveva sempre il bisogno prepotente di parlare, l'eterno impulso a pensare".
Questo ragionare per rappresentazione, senza immagini, è ciò che a Narciso riesce, in quanto la sua natura è propensa allo spirituale e al mistico mentre per Boccadoro è impossibile pensare a concetti astratti, nel mondo imperfetto malcreato da un Dio cattivo e indifferente. C'è un unico modo per unire la natura paterna\spirituale di Narciso e quella materna\corporea di Boccadoro ed è l'arte: in un'opera sofferta, sublime, il duplice gioco del mondo si annulla, principio maschile femminile si fondono, istinto e ragione divengono una sola cosa, la gioia della vita e il dolore della morte diventano due facce della stessa medaglia.
"Nell'arte e nell'essere artista stava per Boccadoro la possibilità di conciliazione dei suoi contrasti più profondi, oppure di una figurazione simbolica splendida e sempre nuova del dissidio della sua natura": Boccadoro sente di essere una persona più completa nel momento della creazione artistica, ma sa anche che l'arte esige sacrificio, applicazione, non tollera una vita disordinata. In fin dei conti tutto al mondo è una scelta, tutte le scelte comportano una rinuncia che non può e non deve essere sentita come il minore dei mali, perché quello che si lascia è altrettanto importante e bello di quello che si prende. Ma allora perché Narciso sembra essere così alieno da questi pensieri dilanianti, perché sembra sempre conoscere la risposta giusta ai dilemmi di Boccadoro? È di questo che l'artista non riesce a capacitarsi, ma lo stesso monaco gli risponderà con una grande rivelazione: la sua fedeltà al mistico è stata spesso messa in difficoltà dalla vitalità prorompente dell'amico, da questo suo vagare, agire e sbagliare che in modo diverso lo porta alla stessa alta meta dell'asceta, cogliere il mistero dell'essere altrettanto profondamente, esprimendolo però con maggior vivezza, attraverso l'arte, di quanto possano fare i pensatori.
L'apparente inamovibile pace spirituale di Narciso è conquistata ogni giorno attraverso la lotta e la dominazione di sé, attraverso un continuo sacrificarsi, comprimere e annullare la propria parte carnale; è in certo modo molto simile alla lotta di Boccadoro durante la creazione artistica e certo non meno difficile.
Storia di un'amicizia, dimostrazione del dissidio dell'animo umano, lotta continua della carne e dello spirito: in qualsiasi modo si voglia leggere quest'opera, in qualsiasi dei personaggi ci si riconosca, i lettori stiano certi che ci troveranno molto dei propri pensieri e del proprio sentire. Ne usciranno arricchiti e, forse, un pochino cambiati.
Silvia Ferrari