Non ci vuole molto perché il giovane, affascinato da una statua della Madonna "che contiene in sé tutto l'eterno mistero" ne rintracci l'autore e si ponga al suo servizio come aiutante, scoprendo un grande talento per l'arte. Potrebbe vivere agiatamente, sposare la bella figlia del suo maestro e diventare un cittadino rispettato e ammirato, ma arrendersi alla sedentarietà vorrebbe dire tradire la propria natura: la consapevolezza di vivere ogni giorno azioni già viste e fare cose prestabilite attanaglia il giovane, che mette fine alla sua parentesi cittadina ritornando a vagare per le campagne tedesche. Qui, per un periodo, resterà insieme a un pellegrino italiano e ad una contadinella, una delle poche persone sopravvissute al terribile morbo che comincia a flagellare la regione: la peste nera.
     Tutto intorno è dolore, grida di donne, fuochi accesi per debellare la malattia e corpi abbandonati a putrefarsi per le strade: alla fine, nemmeno la giovanetta è risparmiata dal contagio, il pavido pellegrino scappa terrorizzato e Boccadoro si ritrova di nuovo solo per la via. La voglia di rivedere Narciso è sempre grandissima e il destino li riunirà in modo inaspettato, facendo sì che il prete che salverà Boccadoro dalla forca per aver insidiato l'amante di un delegato dell'imperatore sarà proprio Narciso, nel frattempo divenuto abate di Mariabronn. Tornati al convento, i due amici ormai adulti trovano la pace in lunghissime chiacchierate pregne di filosofia, Narciso l'asceta e Boccadoro l'artista gaudente, ma anche questo idillio avrà fine.
     Liquidare i due personaggi come antitesi l'uno dell'altro, complementari e diversi lati dell'animo umano, sarebbe sbrigativo e non corretto. Premettendo che mi sono subito ritrovata più in Narciso che in Boccadoro, forse per la natura più riflessiva del primo, così simile alla mia, trovo che sia impossibile marchiare come irresponsabile e debosciato il secondo. Seppur dedito all'appagamento di tutte le sue voglie e dei suoi piaceri (principalmente corporei, ça va sans dire ), la ricerca del senso della vita è continuamente presente in lui. Eccetto per la parte iniziale e per quella finale, il libro è pressoché tutto incentrato sulle peripezie dell'artista e non potrebbe essere altrimenti, vista l'immobilità fisica, ma non spirituale, dell'amico monaco.
     Non mancano nel peregrinare di Boccadoro le occasioni per riflettere sul significato dell'essere, del qui ed dell'ora, rapportato a ciò che il mondo ha da offrire a un vagabondo come lui. Oltre a Narciso, la figura che ossessiona Boccadoro è quella di sua madre, uno spirito libero fuggito dalla cappa oppressiva del marito quando il piccolo Boccadoro aveva pochi anni di vita.

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