In Lombardia nel 2006 gli infortuni maschili sono diminuiti dello 0,3% rispetto all’anno precedente, mentre quelli femminili sono aumentati dell’1,6%. I settori più a rischio per le donne sono quello industriale manifatturiero, seguito dalla sanità e dal commercio. Il dato più preoccupante riguarda gli infortuni mortali: quelli che vedono come vittime gli uomini sono diminuiti del 2,7% nel 2006 rispetto al 2005, mentre le morti femminili sul lavoro sono aumentate del 19,2% nello stesso periodo.
Bergamo conferma, purtroppo, questo trend generale. Gli infortuni femminili sono in crescita: dai 3.985 casi del 2005 siamo passati ai 4.137 a novembre 2006, per un aumento del 3,4%. Grandi numeri, che ci hanno fatto conquistare il terzo posto nella classifica regionale (che vede Milano in testa e, a seguire, Brescia). Un record ancor più infausto spetta alla nostra città: nella classifica regionale delle morti sul lavoro, siamo al secondo posto, con quattro decessi femminili nel 2006.
Dopo un infortunio, inoltre, molte donne non riescono a rientrare serenamente nel luogo di lavoro, poiché subiscono discriminazioni da parte dei colleghi e dei datori: vengono adibite a mansioni diverse, spesso anche sfavorevoli rispetto alle loro menomazioni, finché non mollano. Il 96,2% delle donne invalide resta disoccupata od ottiene incarichi precari. Esse sono più disoccupate e meno tutelate secondo l’ANMIL, con lavori “inferiori”, invece, secondo la Provincia.
Il secondo studio, fatto dalla Provincia di Bergamo sui dati raccolti dai centri per l’impiego (i vecchi uffici di collocamento), delinea una situazione negativa per l’impiego femminile nella nostra città. Su un totale di 316.517 lavoratori, solo 119.181 sono donne, la maggior parte tra i 31 e i 40 anni. Le giovani fanno fatica a trovare un lavoro, infatti le lavoratrici tra i 25 e i 28 anni sono solo il 12%. Questo nonostante le ragazze a scuola siano più brave dei ragazzi ed arrivino presto alla laurea, con risultati migliori rispetto ai maschi: al primo impiego sono i ragazzi che hanno maggiori possibilità di essere assunti, benché le ragazze abbiano un curriculum scolastico ragguardevole. I vertici non sono ancora rosa: l’1,2% delle donne è un quadro, mentre le dirigenti sono solo lo 0,1%. Le Bergamasche trovano posti soprattutto nel commercio, nel turismo e nel settore del tessile-abbigliamento, anche se stanno aumentando le concittadine che svolgono compiti considerati “maschili”, nel campo dei trasporti e dell’edilizia.
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