La degenerazione ambientale, favorita dalla miopia legislativa, non si limita ad offrire al “consumatore” una passerella di ragazze più o meno piacenti, ma espone le stesse ai rischi inevitabilmente connessi ad una realtà sommersa e, quindi, sottratta alle regole di convivenza sociali. Le conseguenze negative non possono che riflettersi sulle aree ove si pratica il meretricio, rendendole insicure, inospitali, pericolose e mal frequentate. Si tenga inoltre conto che la prostituzione si accompagna a realtà personali spesse travagliate che culminano, come le cronache locali non esitano a raccontarci, in episodi estremi ed una volta forse eccezionali come gli aborti clandestini o, peggio ancora, l’abbandono di neonati, pratica che, da qualche tempo, pare stia assumendo inquietanti connotati di continuità.
     La crescente realtà che ha caratterizzato questo ultimo decennio, favorita dai massicci ed incontrollati flussi migratori, ha elevato, per quanto riguarda il territorio della bergamasca, il livello di attenzione soprattutto in riferimento alle attività collaterali che dalla prostituzione traggono proventi e benefici. È ora che leggi anacronistiche e lontane dalla percezione dei problemi attuali vengano bandite non tanto in nome di un diritto che rivendichi la libertà dei costumi quanto per circoscrivere il fenomeno e per consentire che i contesti oggi degradati possano aspirare a riacquisire il decoro offeso.
     Discorrere del problema vuol dire, inoltre, ricercare l’origine che, negli anni, ha spinto enormi masse di donne, soprattutto straniere, a trovare terreno fertile e facili guadagni in un ambito che si è dotato di regole non scritte e di abitudini sommerse. Le svolte storiche epocali hanno trovato impreparato il nostro Paese e, di conseguenza, le nostre città, i cui amministratori, e ancor prima coloro che avrebbero dovuto percepire il rischio di degenerazione della situazione, hanno permesso all’esercito degli avventurieri, degli apolidi e dei fuggitivi dalla scure della giustizia dei propri Paesi di poter tranquillamente organizzare sul territorio le attività criminali più disparate, dalla prostituzione al commercio degli stupefacenti, dai furti agli assalti alle ville e via discorrendo.
     La politica, anche locale, ha troppo spesso deviato dai problemi reali concentrandosi sulle chiacchiere, sulle false e sterili discussioni manipolate in qualche salotto d’opinione, dibattendo argomenti sotto la luce dei riflettori televisivi e ordendo litigi mal costruiti nei palinsesti mediatici. Si dirà che le risorse esistenti ed alle quali attingere (in attesa che caschi il tabù che ne giustifica il ricorso) non hanno permesso né consentono di organizzare un’adeguata vigilanza del territorio e, coniugate a leggi antistoriche, hanno favorito la crescita del “disordine” sociale e dell’illecito diffuso, ma, si sa, le risorse, chissà per quale oscuro meccanismo, si reperiscono solo quando possono essere correlate agli spot elettorali, ingannevoli espedienti per imbonire un elettorato ingenuo o forse semplicemente rassegnato ad accettare le aberrazioni di una società globale.

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