UNDICI MINUTI DI CONCENTRAZIONE SUL LAVORO: non un limite ma realtà
di Francesca Frosio
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Stiamo lavorando; poi il collega ci chiede un aiuto, oppure squilla il telefono, o, ancora, arriva una e-mail. Quanto tempo abbiamo dedicato al nostro lavoro? In media, undici minuti. Sembra una domanda da quiz televisivo, invece è il risultato di alcune ricerche serie sulla concentrazione nell'ambiente di lavoro. Secondo questi studi, infatti, riusciamo a stare concentrati su uno stesso compito solo undici minuti, poi qualcuno o qualcosa ci disturba: la concentrazione si volatilizza e riprendere da dove si è interrotto diventa difficile. Conseguenze sottintese: impieghiamo il doppio delle nostre forze, "sprechiamo" energia anche per quei progetti che di norma ce ne richiedono poca, siamo più stanchi e spesso il risultato finale è scadente.
Per evitare questo circolo vizioso abbiamo diversi strumenti. La prima regola è la più semplice: evitare le distrazioni. Non sempre le interruzioni fanno parte della categoria "imprevisti" di Monopoli, a volte ci distraiamo volontariamente. Quando accade, di solito, è perché in quel momento il nostro cervello ha davvero bisogno di una sosta, quindi l'interruzione è positiva (purché breve). Altre volte, invece, non è necessaria ed è questo il caso in cui è dannosa. In secondo luogo, siamo ancora noi a decidere se fermarci o no. Se capiamo che non è il momento giusto per interrompere il nostro lavoro, dobbiamo avere la forza di volontà per leggere dopo la e-mail o per dire "aspetta un secondo" al collega. Dobbiamo saper analizzare velocemente la situazione e prendere una decisione altrettanto velocemente.
Nel caso in cui lo "stop" sia inevitabile, gli studiosi danno dei consigli utili per evitare i lati negativi del lavoro limitato a undici minuti. Studiando il cervello ed i meccanismi dell'attenzione, hanno dimostrato che si riprende il lavoro più facilmente e meglio se si lascia una nota con scritto il motivo per cui ci siamo fermati. Tornando alla scrivania, basterà leggerla ed il nostro cervello ricostruirà il percorso mentale che stava facendo "prima che.". Se temiamo che questo non basti, invece della nota svolazzante possiamo scrivere un appunto un po' più complesso con gli ultimi passaggi del lavoro svolto ed il punto che stavamo per eseguire; una sorta di scaletta, che aiuta gradualmente la nostra concentrazione a tornare attiva, senza scontrarsi con l'interrogativo della dimensione di un iceberg: "Dov'ero rimasto?".
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