tradimenti del marito per salvaguardare il rispettabile ruolo di moglie. È proprio questo che porta Anna allo sconvolgimento interiore: il perdere Vronskij la renderebbe una reietta, senza più alcuna posizione sociale. Una moglie, benché adultera, resta sempre una moglie e come tale ha un ruolo nella società; una donna che se ne va di casa e perdipiù perde l'amante, è una donna smarrita, che non ha più mezzi per sopravvivere. Vronskij ama ancora Anna; ma l'infelicità di lei per la sua situazione pubblica insostenibile, la negazione del divorzio e soprattutto l'incapacità di comunicare che divide i due sono responsabili del climax di pensieri distruttivi che porta Anna al suicidio.
     Con una struttura circolare che riporta all'inizio del romanzo, dove un operaio della ferrovia era morto schiacciato da un treno, facendo presagire la sorte della protagonista, Anna si toglie la vita lanciandosi sotto un vagone e compiendo così l'ultimo atto di ripicca verso l'amante. Il romanzo non si conclude però con la morte della protagonista e prosegue narrando le vicende degli altri personaggi: come già ricordato Vronskij, uomo ormai distrutto emotivamente, si reca al fronte per combattere contro i Turchi nella rivolta serba scoppiata nel 1877; Karenin prende in affido la piccola Annie; Oblonskij ottiene il remunerativo lavoro che voleva; Levin e Kitty proseguono la loro felice vita coniugale nella loro tenuta di campagna. Stranamente, la morte di Anna non viene menzionata che una volta, e invero molto velatamente, durante tutta l'ultima parte: una conclusione strana per un romanzo che prende il nome dall'infelice protagonista, che appare come cancellata dai ricordi di tutti coloro che l'avevano conosciuta.
                                                                               Silvia Ferrari

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