magnificente dell’epoca dei faraoni: la dittatura di Menghistu, la sua caduta e l’instaurarsi di una repressione militare altrettanto feroce e corrotta nelle alte sfere sono argomenti pesanti e d’attualità, storia che si ripete quotidianamente in molti Paesi. Le torture inflitte a Tessay, la violenza dell’esercito governativo di fronte alla popolazione inerme e allo stremo, il doppiogiochismo delle autorità sono pagine crude e ben scritte, che conferiscono alla trama credibilità e forza espressiva; ma il lieto fine non può mancare, e si è combattuti tra il considerarlo un piccolo germe di speranza timidamente piantato dall’autore o, più probabilmente, l’ennesima concessione alle facilonerie da soap-opera.
     Poiché l’autore è nato in Zambia ed ha compiuto i propri studi in Sudafrica, mi sarei aspettata una capacità più profonda di rendere la forza del senso di appartenenza ad una terra così contraddittoria e misteriosa da parte della protagonista Royan; invece i suoi dilemmi interiori, dovuti all’origine angloegiziana, si risolvono con un po’ troppa facilità a favore della componente occidentale della sua educazione, cosa che rende sì più agevole per Smith inserire la descrizione di qualche piccante intermezzo tra lei e Nicholas, ma fa sembrare del tutto inutili le, poche, remore della ragazza. Un’altra licenza “poetica”, suppongo.
     Al di là di queste piccole note, forse fin troppo spinte nel dettaglio, credo che questo romanzo sia scritto molto bene, per il genere cui appartiene: se affianchiamo a Smith un altro sbancatore di botteghini come Dan Brown, ci accorgiamo come la scrittura di quest’ultimo sia elementare e perfino imbarazzante nella sua semplicità… La trama è originale, avvincente, e non bastano i passaggi ruffiani di cui sopra ad affondarne il livello, per fortuna. Concludo con una nota: oltre a consigliare a tutti i nostri lettori questo romanzo, raccomando caldamente la lettura de “Il dio del fiume” prima di questo testo recensito, giusto per conoscere a tutto tondo il personaggio dello scriba Taita, protagonista unico del primo libro e presenza impalpabile ed onnipresente de “Il settimo papiro”.
                                                                               Silvia Ferrari

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Recensione, Il settimo papiro, Wilbur, Smith, Royan Al Simma, Taita, Egitto, Duraid, Nicholas Quenton-Harper, Il dio del fiume