PESCE SPADA? NO, GRAZIE!
                                  di Francesca Frosio

     Al ristorante il pesce spada, a casa il merluzzo o il tonno, così pratici. Senza saperlo, con queste ed altre scelte alimentari, abbiamo compromesso la salute dell’ecosistema marino. È quanto evidenzia la guida ai consumi ittici compilata da Greenpeace, il cui scopo è quello di invitare ad un consumo di pesce non dannoso. Dietro tale etichetta ci sono diversi parametri: in primo luogo su come il pesce è stato pescato o allevato, sul tipo di danno che comporta il prelievo della specie per l’ecosistema in cui si trovava, poi sul peso inquinante della filiera che l’ha portato fino alle nostre tavole, senza dimenticare le conseguenze per le comunità locali.
     Per aiutare i consumatori a scegliere, Greenpeace ha stilato due liste di otto criteri ciascuna, una per la pesca e una per l’acquacoltura, che indicano quali sono le condizioni non sostenibili. Nella prima troviamo pesca eccessiva, uso di metodi distruttivi, pesca di specie vulnerabili o a rischio, impatto sugli ecosistemi; nella seconda uso di mangimi non conformi o di pesce pescato come mangime, violazione dei diritti umani e impianti siti in aree sensibili. In base a questi parametri, è stata creata una lista rossa, con indicate le cinque specie che non bisogna consumare in ogni Paese.
     Per l’Italia, la lista comprende pesci molto consumati e diffusi, quindi le nostre abitudini alimentari sono dannose per il sistema faunistico marino. Al primo posto c’è il tonno a pinna gialla, che si trova solitamente in lattina e raramente fresco, una delle specie più diffuse nel nostro Paese e ben nota ai consumatori. Essendo una specie in grave declino già dagli anni ’50, e per la quale spesso vengono utilizzati metodi di pesca dannosi, esso è stato inserito nella lista rossa insieme al meno noto tonno rosso. La pesca di questa specie, ormai vicina al collasso, è eccessiva. Con la chiusura anticipata della stagione di pesca, decisa dalla Comunità Europea, la pesca pirata è in aumento, con grave danno per i pesci e per i pescatori onesti. Al terzo posto si trova il pesce spada, un altro piatto molto comune. Il motivo principale della sua inclusione risiede nei metodi di pesca, dannosi, in particolare dalle spadare, vietate sia dall’ONU che dalla CEE, reti che uccidono cetacei e tartarughe marine. Inoltre, anche questa specie è in declino e la frequente pesca pirata ne sta minando ancora di più le condizioni. Segue il merluzzo atlantico, diffuso nei nostri mercati come stoccafisso o baccalà, specie da anni sotto osservazione e per la quale gli scienziati chiedono da tempo uno stop della pesca. Esso viene pescato con le reti

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