a strascico, metodologia che danneggia i fondali e causa la morte di altre piccole specie.
Infine, è meglio non consumare anche i gamberoni tropicali, prodotto di acquicoltura, il cui allevamento sta distruggendo le foreste di mangrovie dell’America Latina e dell’Indocina. Ai danni ambientali si aggiungono quelli sociali, poiché negli allevamenti si verificano gravi violazioni dei diritti umani.
Visto che la lista rossa include alcune delle specie più consumate, con che cosa bisogna sostituirle per non creare ulteriori danni ai nostri mari? La scelta si orienta verso i prodotti nazionali, anche artigianali, e verso quei pesci la cui pesca non è dannosa, né a causa delle metodologie usate, né per la specie stessa. Rientra in questa definizione il pesce azzurro: acciughe, sardine, sgombri hanno una buona capacità di recupero e vengono pescati con le reti a circuizione, che non danneggiano i fondali. Fare bene all’ambiente, in questo caso, aiuterà anche la nostra salute, poiché questi pesci sono ricchi di Omega3. Tra i prodotti di acquacoltura sono da privilegiarsi le cozze, i cui allevamenti sono molto diffusi sul nostro territorio.
Dalla guida di Greenpeace emerge la consapevolezza che alimenti da noi consumati quasi quotidianamente sono in realtà specie a rischio ed è incredibile notare come sui mercati non si vedano le conseguenze di questi dati. Tocca a noi, ancora una volta, fare delle scelte che aiutino l’ambiente.
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