campionati di vari livelli: Top Ten, che sono i professionisti, Serie A1, i semi-professionisti, Serie A2, B, C1 e via dicendo fino ai gironi amatoriali. Una volta il rugby era lo sport degli universitari ricchi in Inghilterra, poi, piano piano, si è diffuso nel resto d’Europa. Noi qui abbiamo i piccoli, gli under 11, dove si allenano anche bambini con età compresa fra i sei e gli otto anni, che noi chiamiamo aquilotti. Per loro è un po’ dura allenarsi di sera, dovrebbero farlo nel pomeriggio visto che sono così piccoli, ma per noi allenatori è difficile, perché abbiamo tutti un altro lavoro e durante il giorno ci è impossibile allenare. Per i bambini è uno sport molto semplice da praticare, d’altronde provate a pensare, cosa c’è di più naturale per un bambino prendere in mano un pallone e correre per il campo? A questa età gli allenatori privilegiano la spiegazione della tecnica di gioco a discapito del contatto fisico, che qui è quasi inesistente, ci si concentra sull’apprendimento del ragazzo dei principi base dello sport. Poi ci sono gli under 15, gli under 17 e la prima squadra. Ci sono anche delle bambine che giocano, sono velocissime, più dei loro coetanei maschi…”
Per le donne non è rischioso questo sport?
“Non lo so perché non ho mai allenato ragazze, comunque credo che abbiano delle protezioni. Le donne sono fortissime, la settimana scorsa sono venute ad allenarsi su questo campo ‘Le Lupe di Piacenza’, una squadra che gioca in serie A, ma devo dire che sono ancora poche le ragazze che giocano.”
Quante soddisfazioni ti danno questi ragazzi?
“Vedere i ragazzi che si divertono anche se fanno tanti sacrifici è una grande emozione. Ritengo che siano tutti ragazzi un po’ ‘speciali’ rispetto a quelli che
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fanno altri sport: sono consapevoli che non diventeranno miliardari, perché in questo sport non girano molti soldi, almeno non tanti quanto nel calcio, giocheranno su campi malconci, di certo non belli come quelli del calcio, a volte |
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