Chambi, introdotto da alcune immagini dei fratelli Vargas presso i quali imparò il mestiere, invade lo spazio espositivo con oltre 120 immagini. L’India viene presentata corposamente con le immagini interamente e magnificamente dipinte di Photoservice Delhi e altri studi indiani del medesimo periodo, dagli anni Venti agli anni Quaranta. Lo svizzero Marco Paoluzzo ci porta in Africa, con una serie di immagini in bianco/nero, delicate e rispettose. Altra importante sezione è quella dedicata al paesaggio, alla strada e al deserto, temi fondamentali per una Biennale dedicata al viaggio.
     Passando agli autori contemporanei presenti, si comincia con Franco Fontana, di cui è presentata la serie bellissima della Route 66, non a caso la strada più famosa del mondo per un’intera generazione di fotografi e artisti, la mitica strada del film Easy Rider; accanto sono esposti i deserti americani di Mario Vidor. Non potevano mancare due immagini americane del grande Wim Wenders, colui che meglio di tutti a saputo rendere quella luce magica che tanto ci piace, con i suoi film ma anche con le sue suggestive fotografie. Ancora sui deserti americani la grande tavola di Lucien Clergue e ancora l’Italia con una stringata serie di Mario Giacomelli, con alcune immagini inedite, dei suoi famosi paesaggi marchigiani. La Beirut di Gabriele Basilico, già esposta alla 52^ Biennale di Venezia in relazione con quella di Randa Mirza, giovane artista che in Libano è nata, ci offrono due punti di vista alternativi e complementari del martoriato paese.
     Passando al Castello, due personali: al piccolo Miglio le “Donne del Darfur” di Vanessa Beecroft, realizzata per la 52^ Biennale di Venezia, e tre grandi opere di “Sudan projectle”, al grande Miglio le spiazzanti, intelligenti e straordinarie immagini di città sognate, impossibili e virtuali, digitalmente realizzate in grandissimo formato: “mai reality” di Giampaolo Tomasi. Nel museo Ken Damy invece viene presentato il progetto di Hana Jaklova, giovane artista ceca che interpreta con il Big Sister, locale di Praga, un esemplare contemporaneo manifesto di una gaudente e decadente contemporaneità, dove prostituzione, Internet e realtà virtuale diventano luoghi accessibili a tutti dal proprio computer di casa. Nel nuovo Spazio Contemporanea, allo stesso numero civico del museo Ken Damy ristrutturato da poco, vengono presentati tre autori: Marco Ambrosi, con il suo ultimo video, in una sala appositamente adibita per i video d’artista, Cosimo Di Leo Ricatto, con un significativo omaggio concettuale alla città di Brescia in quaranta istantanee, e la grande mostra-installazione di Robert Gligorov, con l’esposizione di grandi fotografie in relazione a sculture che, sembrando vere, spiazzano e disorientano il visitatore con graffiante ironia.
     Brescia si conferma dunque città viva, nella quale pubblico e privato collaborano e realizzano una mostra di notevole livello, valore artistico ed interesse, confermando la vocazione alla “grandeur” e all’internazionalità dei nostri cugini.

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