IL PROTOCOLLO DI KYOTO
                                  di Graziano Paolo Vavassori

     Chi non ha sentito parlare del Trattato di Kyoto? Ormai è sulla bocca di tutti da diverso tempo, soprattutto negli ultimi anni, da quando si sono intensificate le notizie dei media sulla situazione climatica della Terra, come naturale conseguenza di un quadro globale oramai visivamente in peggioramento: il "Global Warming", appunto. Tuttavia, quanti realmente ne conoscono i contenuti e, tanto più, possono dire di ricordarseli?
     Noi non ce li ricordiamo affatto ed abbiamo pensato che molti di voi li potrebbero ignorare; ripassando la materia abbiamo scritto questo articolo, scoprendo che alcuni fatti recenti, di primo acchito non comprensibili, ora hanno una logica risposta. Un esempio su tutti è la richiesta del Governo italiano alla Comunità europea, su sollecitazione del presidente di Confindustria, la bergamasca Emma Marcegaglia, di posticipare di almeno un anno il raggiungimento di una determinata soglia di emissioni di CO2 nell’atmosfera da parte dell’Italia. L’appello del nostro Governo non è biasimabile dal lato sociale ed industriale: in un momento di crisi economica, chiedere alle aziende di investire denaro nell’aggiornamento dei propri impianti per diminuire le emissioni, ad esempio consumando meno energia elettrica, è drammatico considerando i 10.000.000 di lavoratori cassa integrati ordinari, il quadruplo rispetto al 2005, ed i 6.000.000 di lavoratori in regime di Cassa Integrazione Straordinaria. Dall’altro lato, se l’Europa non rispetta gli impegni presi ratificando il Trattato di Kyoto dovrà pagare delle sanzioni e, giustamente, se l’Italia sarà una delle pecore nere degli Stati membri si dovrà sobbarcare l’onere della rivalsa decretata nelle stanze di Strasburgo.
     Nel precedente nostro articolo dal titolo “GLOBAL WARMING: gli Stati Uniti invertono rotta ma l'iter dei negoziati rimane” spicca questa epocale inversione di rotta ad opera del presidente USA Barack Obama, eletto quest’anno. Infatti, nel 2001, gli Stati Uniti d’America non hanno aderito al trattato, sostenendo che ciò avrebbe limitato, addirittura minato la loro stabilità economica. Fa sorridere (sardonicamente) questa affermazione alla luce degli eventi intercorsi nel mondo economico dopo il “Lehman Brothers disaster”, soprattutto considerando che gli United States of America sono responsabili del 33,6% delle emissioni di gas serra mondiali (dato LifeGate).
     Anche l’incontro tra Obama ed il presidente cinese Hu Jintao, tenutosi verso metà novembre 2009, ora ha un sapore diverso. Entro fine anno, le automobili vendute in Cina saranno 13,5 milioni, superando per la prima volta l’America

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