quanto difficile, e ne fui completamente assorbito: non era poi così inusuale vedermi in redazione, fra la correzione di un articolo e l’altro, fra un appuntamento e il successivo, con il naso immerso nel libro di grammatica araba, i miei collaboratori non si stupivano più…”
     “In seguito iniziai una collaborazione, durata cinque anni, con l’Istituto di Storia della filosofia dell’Università Statale di Milano diretto dal professore Enrico Rambaldi e, in virtù degli studi fatti e delle conoscenze acquisite, iniziai a partecipare a diverse conferenze sul mondo arabo, anche in qualità di conferenziere. Ricordo ancora l’emozione di Gerusalemme, prima ancora che scoppiasse l’Intifada… Ma il mondo accademico è molto rigido, non ti lascia libero di esprimere le tue passioni con spontaneità come volevo fare io, quindi decisi di abbandonare questa attività accademica e di coltivare questa mia passione per la lingua araba nel mio privato.”

     Per un giovane cha vuole intraprendere la carriera di giornalista in un periodo come questo, dove il precariato è preponderante e le redazioni non assumono, quale consiglio ti senti di dare?
     “Un consiglio? Semplice:
scegliti un’altra professione che almeno ti dia da mangiare! Scherzo… devo ammettere, però, che io sono della ‘vecchia scuola’: gli anni hanno cambiato velocemente il modo di fare giornalismo, oggi Internet la fa da padrone nel campo dell’informazione, il mondo si evolve così rapidamente che le notizie di 5 minuti fa possono già essere diventate ‘vecchie’. Ai miei tempi, quando un giornale pubblicava un mio pezzo, amavo andare in edicola, comprarlo e compiacermi della carta stampata: al giorno d’oggi, anch’io ho ceduto al vezzo dell’informazione pubblicata sul Web e i mie pezzi li posso consultare on-line subito dopo che sono stati pubblicati. In realtà, il giornalista, oggi, ha una grande responsabilità, quella di dare un’informazione corretta alla gente. Se un ragazzo sente dentro di sé questa voglia di andare a cercare la verità, anche a costo di grandi sacrifici e mettendo a rischio, a volte, la propria incolumità (penso, per esempio, ai cronisti di guerra), se uno ha tanto coraggio per cimentarsi nella lotta contro l’egemonia del potere, beh, io non mi sento che di approvare, bravo, fallo, continua così perché stai facendo del bene a questa società e sei una persona benemerita, una persona ‘degna di onore’. Fortunatamente, ci sono ancora esempi di buon giornalismo in Italia…”
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Intervista, Massimo, Jevolella, Ievolella, Direttore, Meridiani, Libro, Rawâ, Mal di Denti, Red, Il Giornale, Il Mattino