in modo da multare più guidatori possibili, facendo scattare il rosso in anticipo rispetto a quanto stabilisce la legge in relazione alla tipologia del crocevia. L’inchiesta ha interessato 130 Comuni del Centro Nord e ha portato alla luce presunte irregolarità in 29 di questi, nell’appalto per gli apparecchi di controllo delle infrazioni ai semafori. Le Forze dell’Ordine hanno inoltre provveduto ad arrestare 4 imprenditori che hanno fornito ai Comuni gli apparecchi di controllo ed hanno stilato 17 denunce a pubblici ufficiali con l’accusa di “associazione per delinquere e turbativa di commesse pubbliche”. È emerso quindi una sorta di business che ha coinvolto enti locali e aziende di fornitura di questi marchingegni. I Comuni e i produttori di tali apparecchi stipulavano un contratto di noleggio “tutto compreso” nel quale i fornitori si impegnavano non solo nella gestione, manutenzione e scelta della dislocazione, ma anche nella notifica delle contravvenzioni comminate dietro ovviamente un compenso che corrispondeva al 30% delle multe introitate. Ci guadagnavano i Comuni che non dovevano pagare gli impianti e ci guadagnavano i fornitori. Risulterebbe infine che tali strumenti venivano piazzati non tanto a scopo preventivo in punti pericolosi e soggetti a sinistri, ma su tratti dove era più facile racimolare il maggior numero d’infrazioni, ad esempio su percorsi dove il limite di velocità era ingiustificatamente troppo basso.
Oltre a domandarci quanti altri trabocchetti come questi sono invece tuttora attivi, un’altra domanda sorge spontanea: che fine fanno gli introiti derivati dal pagamento delle multe? L’articolo 208 del Codice della Strada relativo ai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie stabilisce l’utilizzo e la destinazione di questi introiti e in particolare, al punto 4, stabilisce che il 50% dei proventi delle multe dovrebbe essere destinato al miglioramento della circolazione, al potenziamento della segnaletica e all'educazione stradale. Non solo, ma almeno il 10% dei proventi delle multe dovrebbe essere destinato a tutelare gli utenti deboli: bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti. Una norma più che lodevole, però in tutta onestà ci domandiamo se i Comuni ottemperino a tale normativa e se stanno adottando una politica adeguata, anche perché resta sempre molto forte il sospetto che in realtà queste risorse vengano destinate soprattutto per sanare i loro deficit e gli ammanchi dovuti, ad esempio, all’abolizione dell’Ici. Alla luce di quanto sopra, emerge il dubbio se davvero le multe siano uno strumento per punire l’infrazione e una sorta di strumento educativo o siano piuttosto solo mezzi per rimpinguare le casse comunali.
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