Don Rodrigo rappresenta gli aspetti deteriori della natura umana; si spaventa solo un attimo di fronte al dito alzato minacciosamente da padre Cristoforo, ma finirà al lazzaretto rifiutando tutto ciò che Dio cerca di predisporre per lui affidandolo alle cure proprio del frate. Il romanzo lascia intravedere la possibilità di una conversione estrema (Dio vorrebbe che tutti gli uomini fossero salvi come un buon padre per i suoi figli), nonostante rifiuti per il momento la presenza di Cristoforo al suo fianco; la versione televisiva di Nicotra, girata tra le vie di Città Alta, ci presenta una conclusione tragica con don Rodrigo che sfida quasi Dio in delirio su un cavallo imbizzarrito a sua volta. L’Innominato è invece il gigante del male che diventa il gigante nel bene: nella notte della sua disperazione quando delira e pensa al suicidio, è assillato dalla parola “DIO” pronunciata da Lucia e da tutti i deboli, si chiede cosa possa fare Dio di uno come lui, ma accetta l’impulso divino di andare dal Cardinale Borromeo, di piangere e promettere un cambio di vita. Le parole sulla misericordia divina che la prigioniera gli dice rimangono impresse nella sua memoria. Trascorre la notte nel tormento, angosciato dal male fatto, dall'idea del suicidio, dal timore di essere giudicato da Dio, poi l'alba lo trova affacciato alla finestra, a guardare il risvegliarsi della gente... Egli scende in paese solo e disarmato e si reca alla canonica, dove è ricevuto con timore e titubanza, poi avviene l'incontro memorabile che vede la conversione del potente signore. Sono queste le pagine del romanzo in cui la poesia dell'anima, segnata in tutte le sue sfumature, raggiunge l'espressione più alta. È il motivo della voce del bene che parla nel cuore dell'uomo (Don Rodrigo rifiuta il disegno provvidenziale di Dio e finisce nella disperazione, l’Innominato si umilia e diventa un segno della grandezza divina, che ha rivelato in lui l’impronta della Sua potenza, e si salva).
     La Monaca di Monza subisce un triste destino tipico dei nobili non primogeniti e frutto della legge del maggiorascato che prescriveva agli altri o la carriera militare (solitamente al secondogenito, da cui la parola cadetto, derivata dal francese dove appunto cadet significa secondo genito…) o il convento; il commento manzoniano “…avrebbe potuto essere una santa monaca lo stesso” è la triste riflessione su una vita invece succube delle passioni e degli intrallazzi che la porteranno a tradire la persona, Lucia, a cui probabilmente si era affezionata, che vedeva destinata ad una vita coniugale anche se umile, ma che a lei era stata negata.
     Lucia è il personaggio più potente del romanzo, anche se la meno attuale: accetta la volontà di Dio, la cattiveria degli uomini, ma sa che alla fine sarà lei a vincere. Mentre con tristezza attraversa il lago verso una meta che non conosce, un futuro incerto, una lontananza da Renzo, si rivolge ai suoi monti, intravede

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