‘Pensieri Africani’, sto riarrangiando alcuni brani e ne sto scrivendo di nuovi, inserendo nuovi strumenti, in particolare la marimba. Insomma una versione 2010 di ‘Pensieri Africani’”.
     C'è qualcuno a cui pensi di dover dire grazie?
     “Confermo la risposta che diedi ad un'intervista di dieci anni fa: sicuramente a mio padre! È stata la persona che già a partire dai 5 anni mi ha insegnato cosa è la musica, ha capito che poteva essere importante, però non mi ha mai ‘stressato’, permettendomi di vivere la mia infanzia e la mia giovinezza. Non ha mai preteso di più, io suonavo la mia oretta di clarinetto e poi andavo al parco a giocare con gli amici, anziché alle 3 ci andavo alle 4. Poi, una volta che ha capito il mio amore per la musica, si è messo in disparte limitandosi ad ascoltare, senza fare alcuna forzatura. Poi sicuramente devo dire grazie a tutti quei musicisti che in questi anni mi hanno capito e mi hanno anche sopportato, Stefano Bertoli è sicuramente uno di questi. Lo ritengo oltre che un collega un grandissimo amico con cui suono da quando avevamo 18 anni, uno di quelli con cui ti trovi bene sia lavorativamente sia per condividere dei momenti di vita.”
     Cosa pensi del momento che sta attraversando la musica? Quale è la tua “ricetta” per il futuro?
     “Per me più che di musica dobbiamo parlare di un problema culturale. Adesso si suona di meno perché c'è la crisi? Sì, certo, è vero, ma non è solo un problema di soldi. Se la gente iniziasse ad insegnare ai ragazzi ad ascoltare la musica, ad andare a teatro, ad apprezzare l'arte fin da quando frequentano le elementari, a far loro frequentare corsi di musica, di recitazione, di ballo, questi cresceranno, indipendentemente dal livello di istruzione che raggiungeranno, con la voglia di andare ad un concerto, ad assistere ad uno spettacolo. Un contributo importante deve arrivare poi dalla scuola, è attraverso la formazione che nasce lo spettatore di domani e potrà essere lo spettatore di una rappresentazione artistica oppure lo spettatore di un programma televisivo, mentre sappiamo bene quale sia il livello culturale della televisione di oggi.”

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