LE SOCIETÁ PARTECIPATE: CAOS IN PROVINCIA DI BERGAMO
                                  di Pierluigi Piromalli

     Recentemente è diventata di pubblico dominio la situazione di dissesto nella quale verserebbero le casse della Provincia di Bergamo, circostanza che ha richiamato l’attenzione dei vertici politici locali nonché del parlamentare del PDL, Giorgio Jannone, il quale, nella sua qualità di vicepresidente di ABM (Azienda Bergamasca Multiservizi), azienda partecipata dalla Provincia, ha apertamente parlato di investimenti folli e di voragini finanziarie assai preoccupanti nella gestione societaria. Jannone ha definito tale realtà, ereditata dall’attuale Presidente Pirovano, come prefallimentare qualora l’ente non dovesse intervenire per tentare di risanare un bilancio impietoso.
     A prescindere dalle severe valutazioni del parlamentare bergamasco, già da tempo, a dir la verità, si nutrivano dubbi sulla operazione di investimento effettuata, in provincia di Caserta, dalla “Vocem s.r.l.“, società collegata alla ABM e, dunque, a capitale quasi interamente in mano alla Provincia di Bergamo, che si era proposta di costruire una centrale elettrica a biomasse a San Salvatore Telesino, in provincia di Benevento, impianto che, bruciando scarti vegetali e agricoli, sarebbe stato in grado di produrre energia da immettere nella rete nazionale, da rivendere alle aziende di Bergamo. Tale operazione è stata, però, avversata dal rifiuto opposto dalla “conferenza dei servizi” tenutasi in Regione Campania ed ha definitivamente affossato l’accordo sull’asse Bergamo-Benevento, ponendo la Provincia in condizioni di chiedere un risarcimento danni alla Regione Campania, alla Provincia di Benevento e al Comune di San Salvatore Telesino per l’investimento, a perdere, di quattro milioni di euro già sostenuto per la costruzione dell’impianto.
     A tutto questo si aggiunge la delibera votata dalla Provincia di Bergamo nel mese di marzo 2009, con la quale si annunciava la dismissione dell’impianto poiché la produzione di energia non sarebbe stata in linea con gli scopi istituzionali dell’ente, per avvolgere di mistero la natura e la filosofia di un investimento che ha incenerito parte delle risorse economiche locali più che i materiali di scarto.
     Considerare se tale situazione possa essere considerata conseguenza della mala gestione dei funzionari dell’ente piuttosto che l’esito infelice di una operazione più politica che industriale, comunque difficilmente valutabile a priori, rimane un esercizio critico assai difficoltoso. Si pone, ora, il problema di stabilire se la ricapitalizzazione delle malandate società del gruppo ABM, con

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