CROCEFISSO: PROBLEMA CONTEMPORANEO O PRETESTO?
di Pierluigi Piromalli
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La recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha affermato, a seguito del ricorso di un cittadino italiano, come la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisca una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le proprie convinzioni ed una violazione alla libertà di religione degli alunni. Il problema, se tale può essere definito e che oggi viene avvertito con una certa inquietudine dalla moltitudine, anche nelle alte sfere istituzionali, ha radici più complesse rispetto alle cervellotiche elucubrazioni mentali di organismi che vorrebbero meramente ridurre la questione ad un semplice gesto di esibizione del simbolo, ritenuto incompatibile con l’astratto diritto a professare altri credo religiosi.
Se sotto il profilo di stretto diritto e di interpretazione giuridica la sentenza può anche offrire spunti di riflessione, sotto l’aspetto pratico pone inevitabili considerazioni che coinvolgono la tradizione cristiana dell'Italia e degli altri Paesi europei. Con il pretesto di voler per forza garantire la laicità dello Stato, comunque sancita dalla Carta Costituzionale, si corre il rischio, attraverso questa sentenza, di voler imporre una ideologia anti-religiosa che inasprisce il confronto, ormai inevitabile, con altre religioni penetrate nel sistema culturale europeo.
La sentenza sostanzialmente ribadisce un concetto figlio delle moderne democrazie liberali ovvero che lo Stato deve essere un campo neutro all’interno del quale tutte le componenti, soprattutto religiose, hanno diritto di cittadinanza e pari dignità. Se i sostenitori di questa contestata ed anche avversata decisione ritengono, da una parte, che non vi sia alcun argomento che possa giustificare la supremazia di una religione (quella cattolica) sulle altre, dall’altra v’è una moltitudine silenziosa che avverte il dovere morale di sostenere e difendere l’identità del popolo anche se il laicismo ha, negli anni, allontanato la gente, spiritualmente parlando, dai canoni predicati dal cristianesimo riducendolo per lo più ad un pretesto per rivendicare un’identità messa in discussione. Soprattutto in Italia, dove il Vaticano ha mantenuto un basso profilo ispirandosi ai principi del dialogo e del confronto pur difendendo il diritto ad esporre i simboli cristiani, la decisione dei giudici di Strasburgo ha provocato negli ambienti politici controverse reazioni avendo messo a nudo ancora una volta un nervo scoperto della democrazia. Succede, cioè, che per tutelare il principio di libertà dei cittadini a coltivare le proprie fedi, si è giunti a proclamare un veto che nega ad una nazione la libertà non solo di definire e continuare ad affermare i confini della propria matrice religiosa come esternazione di identità, ma anche di inibirne i modi attraverso i quali manifestarla.
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