Gianfranco Fini ha messo fine ad una esperienza per la quale fin da subito e per il potenziale ruolo di premier cui era destinato, era sembrato inadeguato poiché subordinato alle scelte non negoziabili di Berlusconi.
     Parafrasando ciò che sta accadendo si può concludere che non è possibile svolgere un ruolo preciso all’interno di un partito che ruota intono al carisma di uno solo se esiste una incompatibilità politica tra i suoi maggiori esponenti. Fini, nell’annunciare la volontà di dare corso ad una nuova esperienza politica, si è lasciato ovviamente aperte tutte le porte: dal promesso patto di legislatura, nella cui praticabilità quasi nessuno crede in fondo, all’interruzione di questa sofferta esperienza di Governo fino alla possibile alleanza con qualche altra formazione politica.
     Mantenendo una linea di coerenza, pur in una fase di palese dissenso, il Presidente della Camera ha escluso qualsivoglia tentativo di provocare tsunami politici, ma ha anche offerto una occasione a quella parte di opposizione di considerarlo come possibile interlocutore di una inedita alleanza. Certo è che Fini dovrà veicolare attentamente i consensi tenuto conto che alcune sue prese di posizione, come quelle sull’immigrazione e sulla giustizia, si ponevano in netta antitesi rispettivamente alla visione assolutista di Bossi e a quella altrettanto intransigente di Berlusconi. Altre scelte sono, invece, servite a recuperare una antica identità del partito d’origine, come l’omaggio ad Almirante e al vecchio corso rappresentato da Tremaglia, che, oltre a mantenere una pax politica all’interno del gruppo dei più convinti militanti, potranno rivelarsi mosse utili al momento della verifica elettorale. Non è, infatti, escluso che alle prossime elezioni, tenuto conto degli attuali precari equilibri, Futuro e Libertà riesca ad acquisire consensi attingendo nel vecchio bacino dell’Msi e, quindi, in quelle Regioni tradizionalmente vicine al vecchio partito.
     La strada che Fini ha ormai imboccato pone alcune riflessioni che meglio potrebbero chiarire il proprio ruolo in un potenziale scenario politico post elettorale. Il partito di Futuro e Libertà, qualora fondato, avrà una posizione diversa dalla moderna destra berlusconiana, quella destra di cui Fini è stato condividente e sodale dalla fondazione ad oggi e che ha sempre alimentato forti resistenze a sinistra a causa della propria inclinazione revisionista. In sostanza, l’attuale maggioranza non condivide, soprattutto per voce di Bossi, l’impianto costituzionale del ’48 e sollecita da tempo radicali cambiamenti che vanno da una sorta di presidenzialismo alla francese al federalismo e a sostanziali mutamenti nella struttura del potere giudiziario come la separazione delle

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