credo occorra sottolineare che l’etichetta di “cartoni animati” non è affatto una garanzia di programma di qualità, nel senso di educativo o di adatto all’età di cui ci stiamo occupando. Studi sui bambini sovra esposti al mondo delle immagini, “consumato-ri” di TV, confermano le mie osservazioni sul fatto che in genere non si dedicano spontaneamente ad attività creative, hanno tempi di attenzione limitati, meno capacità di concentrazione e sono più inclini alla passività e alla noia! La sovraesposizione non attiva, non stimola l’immaginazione, la creatività; che dire poi dell’elaborazione delle emozioni che le immagini muovono?
La tendenza dell’adulto sembra quella di orientare il piccolo a cercare fuori dal rapporto come riempire il suo tempo. Il bambino avrebbe bisogno di un’attenzione “individualizzata”, soprattutto a casa e dopo una giornata trascorsa a scuola, in un ambiente ricco di stimoli sociali e cognitivi, per ritrovare un rapporto “intimo”, speciale, a due, che è il fulcro dello sviluppo affettivo e cognitivo. Nello spazio privato, nel rapporto intimo, il piccolo può infatti portare le emozioni vissute durante la giornata, può ricevere un particolare ascolto e comprensione. Può esprimere e comunicare nel suo modo semplice, ma nello stesso tempo, involontariamente criptico, quello che sente dentro e lo farà ampiamente soprattutto attraverso quei mezzi espressivi, da poco padroneggiati, che sono il disegno e il gioco simbolico.
Per queste vie il genitore può avvicinarsi a lui, entrare in contatto con i vissuti scaturiti dalle sue esperienze (…come una visita dal dottore, un allontanamento da casa per un intervento, la scomparsa di una babysitter a cui era affezionato, un cambiamento nelle routine quotidiane, il capriccio del giorno prima, l’aver dormito fuori casa, l’assenza del papà, la pancia della mamma e così via…) e aiutarlo a tradurli in parole condivise. Il benessere di questo stare insieme, l’ascolto, la comprensione ricevuta, la condivisione si traducono via via in fiducia in se stesso, in autostima, in capacità empatiche e di buona relazione con gli altri. Ed eccoci al nostro punto di partenza!
Ciò che è stato ricevuto viene assimilato, diventa una propria ricchezza. Accompagnare il bambino verso la maturità è un grosso impegno, che inizia con la nascita, con quel primo abbraccio. La sensibilità verso l’altro, sempre più scevra da proiezioni del proprio mondo interno, in grado cioè di cogliere effettivamente gli stati d’animo dell’altro, di aprirsi a prospettive diverse dalla propria, è una conquista! Un derivato di questa maturità acquisita è un atteggiamento positivo e costruttivo verso l’altro: l’altro inteso come persona separata da sé, diversa da sé; l’altro dunque da rispettare, da desiderare, da amare; l’altro con cui si dialoga, l’altro che può dire di no!