È trascorso un anno e Bube ritorna in patria; nonostante le assicurazioni dei compagni di partito sull'imminenza dell'amnistia, viene in ogni caso arrestato e condannato a quattordici anni di carcere. Mara prende la sua decisione: è la donna di Bube e resterà accanto al suo uomo finché non tornerà ad essere una persona libera.
Nonostante la fortissima presenza della componente storica e sociale nel romanzo, l'opera di Cassola può essere letta come un bildungsroman, un romanzo di formazione, vero e proprio: il centro della narrazione non è l'ideologia comunista e partigiana, come peraltro la critica marxista ha rilevato con fastidio, ma la psicologia della protagonista. Conosciamo Mara a sedici anni, acerba ragazzina, e la lasciamo ormai donna, maturata sia nel corpo sia nella mente. Il percorso che porta Mara a crescere, prendendosi le sue responsabilità nella cura dell'uomo di cui ha scelto di essere moglie, non è certo privo di travaglio. Le preoccupazioni che la portano a scegliere di stare accanto a Bube sono certo molto più pesanti di quelle che una qualsiasi ragazza di paese potrebbe - dovrebbe – affrontare. Si tratta di un cambiamento morale causato dallo scontro con esperienze forti - quelle della Resistenza, della violenza dei regolamenti di conti del dopoguerra - che impongono necessariamente a Mara di riflettere su se stessa per decidere cosa fare della propria vita. Se avesse voluto evitare i problemi, avrebbe probabilmente scelto di stare con Stefano, il suo secondo pretendente, uomo di lettere più che d'azione, ma il legame che la stringe a Bube è fatto di compassione, affetto e condivisione della responsabilità di un grave delitto.
È un periodo storico convulso e, forse, questo può spiegare come mai Mara non si ritrae inorridita di fronte al gesto di Bube, ma ne analizza la dinamica e decide di lasciare che le ragioni del suo uomo la convincano e le permettano di sostenerlo. Il fatto che il fratellastro fosse stato ucciso dai fascisti la convince ancora di più della fatalità di quegli anni, in cui la sopravvivenza o la morte, anche nei piccoli centri, era a volte questione di trovarsi dalla parte giusta nel momento giusto.
Il dolore provato da Mara la rende più empatica nei confronti delle persone: per lei, “quando si prova dolore, non si può più voler male a nessuno”. È quasi una resa alla violenza e all'ideologia, un abbandonare la foga cattiva delle convinzioni per rendersi conto che anni di lotta e distruzione hanno fiaccato gli spiriti, e c'è bisogno di tornare agli affetti quotidiani per curare un'anima
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