MENO MALE CHE C’É ‘L BERLUSCA
                                  di Gaudenzio Rovaris

     Voltaire diceva che “se ne parli o se ne sparli… l’importante è che se ne parli”
     Un aforisma popolare invece “A forza di buttare fango (per evitare il termine volgare) qualcosa resta attaccato”
     Cerco di seguire i programmi “impegnati” della TV e scopro che ogni sera su qualche canale, se non addirittura in contemporanea su diversi, in un modo o nell’altro si parla di Berlusconi, berlusconismo, elezioni anticipate, liti nella maggioranza…
     I nostri show-man, lautamente retribuiti sia quelli che agiscono in Rai sia quelli delle altre reti…, cercano in ogni modo di essere obiettivi ed educatori: chi non è della loro idea viene quasi deriso e messo alla berlina; lo spettatore è per forza uno sprovveduto che preferisce i Grande Fratello o spettacoli leggeri…
     Se non ci fosse Berlusconi quali argomenti tratterebbero? Probabilmente dovrebbero essergli riconoscenti dal momento che il limitato orizzonte della loro cultura generale forse non sarebbe diverso da chi criticano e probabilmente invidiano perché non sono riusciti ad ottenere ciò che lui ha avuto pur in modo discutibile. Però lunedì 18 ottobre un discorso interessante è stato impostato nella trasmissione “L’infedele”: il problema del linguaggio nel ceto medio. Il Professor Tullio di Mauro nel libro reclamizzato durante la puntata presenta un dato preoccupante: il 71% degli italiani è o analfabeta (5%) o analfabeta di ritorno (33%) o incontra serie difficoltà a compilare un modulo (altro 33%).
     Da insegnante di lettere nelle scuole di ogni ordine e grado ormai in quiescenza mi sono chiesto se questa situazione sia colpa della riforma Gelmini o di una scolarizzazione di massa senza una definizione di obiettivi culturali minimi e una minima selezione, culminata nel modello CEPU presentato durante la trasmissione. Naturalmente la colpa è della TV commerciale ideata da Berlusconi che ha addormentato le menti…
     In effetti il discorso culturale educativo della TV è molto più complesso: il graduale passaggio da quando c’era un solo canale e dopo Carosello tutti a letto all’orgia di trasmissioni di ogni tipo che oggi riempiono l’etere richiederebbe una maggiore serietà di programmazione e di diffusione formativa. Temo che sarà sempre peggio e che la corsa all’audience creerà ricerche sempre più effimere e “gossispiche” (così vuole il mercato, senza chiedersi se non ci siano alternative più serie).
     Quando frequentavo la scuola superiore la materia più ostica in ogni ordine e grado (anche negli istituti professionali) era l’italiano; oggi si parla solo di matematica e lingue straniere. In effetti la cultura linguistica si salva forse solo

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