nel sito del National Cancer Institute (www.cancer.gov). È molto importante sensibilizzare ed informare su questi temi, creare tavoli di discussione comuni.
In merito al successivo punto trattato, “Contestualizzazione del fenomeno: sfide e modalità per affrontare i cambiamenti economici e sociali. Il caso del malato grave cronico che rientra in azienda”, il professor Gabriele Fava, giuslavorista, ha parlato del quadro normativo. Le leggi ci sono, ma non sono complete e non tutti sono informati sui propri diritti, come quello ad esempio di poter trasformare il full time in part time e viceversa. Le aziende sono le grandi protagoniste del rientro del lavoratore in azienda.
Il dottor Filippo De Braud, Direttore SC Medicina Oncologica 1 - Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano, oncologo e ricercatore, riferisce che alcuni pazienti si sentono malati cronici e si sentono tali anche se sono guariti; altri invece sono malati, ma non si sentono tali. Il medico deve convincere il paziente a fare quello che si sente di fare e migliorare un po’ ogni giorno. I malati che pretendono di essere assistiti cadono vittima della propria malattia, mentre altri si pongono degli obiettivi troppo alti; occorre trovare un equilibrio. Il mondo del lavoro non è organizzato per ottimizzare i ruoli. La legge può tutelare l’individuo, ma il luogo del lavoro è dato anche dall’ambiente e dal carico di lavoro che si deve sostenere. La cosa peggiore per un malato al lavoro è quella di rendersi indispensabile. È importante invece non doversi trovare mai davanti a un conflitto, ad esempio una visita medica e una riunione inderogabile. Il lavoratore deve avere la possibilità di fare delle scelte; la dottoressa Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia e Presidente D’Antona & Partners, ha parlato di presa di coscienza del problema e delle aziende che devono sostenere il Welfare, bisogna evitare che il malato entri in uno stato di passività.
Molto interessante l’intervento su ”Il valore dei beni relazionali in azienda”, del professor Stefano Zamagni, economista, Professore ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna. Con un’aspettativa di vita maggiore bisogna cambiare ottica. L’impresa può favorire il capovolgimento; in prima fase, con la responsabilità sociale, deve reintegrare nell’attività lavorativa il lavoratore, occorrono politiche di conciliazione familiare per favorire il reintegro in azienda. Questo comporta costi nel breve periodo compensati nel lungo periodo. La “strategia” del reinserimento regala un’immagine positiva che manda un messaggio, fa aumentare il senso di lealtà e la produttività del lavoratore. Il management che ha capito, fa passare un senso di lealtà che migliora la performance dell’impresa. Inoltre, per il fenomeno emulativo legato all’etica
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