LE MINICAR
                                     di Giovanni Cozzi e G.P.Vavassori

     Il fenomeno delle minicar nacque in Francia all’inizio degli anni novanta, quando l’allora Primo Ministro francese, nonché Ministro dei Trasporti, Pierre Bèrègovoy, introdusse per la prima volta la famigerata patente a punti. A quell’epoca, infatti, in Francia, le minicar potevano essere guidate senza “permise de conduir” (permesso di guidare n.d.r.) e, visto il fiorente mercato interno fatto di industrie come LIGIER, AIXAM, CHATENET eccetera, contrapposto alla rigida presa di posizione governativa introdotta con la sopraccitata norma, il risultato non poteva non essere che un boom delle vendite di questi veicoli leggeri adatti a tutti coloro i quali, per un motivo o per l’altro, non volevano (o non potevano più) guidare una normale automobile. Per un paese dalla forte connotazione democratica un prodotto fortemente democratico quindi?! Un prodotto adatto a tutti e per tutti? Alla luce dei fatti dobbiamo proprio dire di no!
     Purtroppo, tale considerazione è la risposta più ovvia in base al risultato di ciò che è avvenuto anche qui in Italia in tempi successivi, visto che tale normativa è tuttora in vigore anche da noi e, francamente, di spunti per trarre considerazioni negative ne ha dati tanti. Infatti, quando il nuovo codice della strada italiano assimilò la clausola della patente a punti, sancì una base di partenza pari a 20 punti per ogni possessore di patente di guida contro i 12 di quello francese. Ogni infrazione commessa, poi, in base alla gravità determinava (e determina tuttora) oltre ad una sanzione amministrativa anche un decurtamento dei punti sulla patente. Alla luce di tali considerazioni era logico aspettarsi che, nonostante il limite iniziale di punti innalzato, un sacco di persone, ben presto, si trovasse senza patente e di conseguenza dovesse fare i conti con queste cosiddette minicar, quale ultima spiaggia nei confronti dell’imprescindibile necessità oggettiva di effettuare trasporto privato di persone e cose. Come se non bastasse, fatto ancora più grave, questi quadricicli leggeri, così come sono denominati in Italia, sono stati assimilati ai ciclomotori con tanto di “targhino” e velocità autolimitata da codice pari a 45 km/h, mettendoli, in questo modo, potenzialmente a disposizione dei nostri ragazzi già all’età di 14 anni: peccato che alla resa dei conti questi piccoli veicoli a 4 ruote si siano dimostrati oltremodo cari e soprattutto molto pericolosi per chiunque ne entri in possesso, mettendo addirittura in pericolo la propria vita.
     Non a caso, tra i veicoli normalmente in circolazione sulle nostre strade, le

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