“L’oncologo deve avere una preparazione specifica nel suo campo di ‘alto profilo’, in quanto deve parlare con il paziente, parlargli della sua malattia e prospettargli anche tutte le difficoltà alle quali andrà in contro e deve farlo in maniera convincente. Va da sé che è difficile essere persuasivi se sull’argomento non si ha una preparazione molto accurata e rigorosa. Non è ammesso un pressappochismo, bisogna essere molto informati. Inoltre, a mio avviso, il paziente deve sempre essere messo al corrente delle difficoltà alle quali andrà incontro durante la sua malattia, ma bisogna anche informarlo di tutte le soluzioni favorevoli che si possono ottenere. Diventa importante che il paziente prenda consapevolezza del suo problema, ma sia cosciente anche di tutte le soluzioni possibili per lo stesso, senza mai far mancare la speranza, speranza che deriva dalla presa di coscienza dei problemi e dalla conoscenza delle soluzioni che si possono applicare. Oggi più che mai questo discorso è plausibile, in quanto possediamo tanti strumenti di cura, tante opzioni terapeutiche che prima non avevamo: abbiamo terapie di primo, secondo, terzo livello… che vengono applicate secondo una logica razionale e che a volte consentono di ottenere dei risultati strabilianti. In conclusione, oggi ci sono tanti mezzi, quindi anche nelle forme più aggressive è importante fare tutto quello che oggi è disponibile per il paziente.”
     Quanto è difficile per un oncologo comunicare la diagnosi al proprio paziente?
     “È sempre difficile in quanto si deve dare un’informazione che ‘spaventa’, che preoccupa. È vero che è compito dell’oncologo informare il paziente, ma di certo non è sempre facile anche se oggigiorno è un po’ più semplice. Come dicevamo prima, ci sono tanti strumenti di cura pertanto una consistente speranza è individuabile sempre. Ai miei pazienti ripeto ogni volta che ci sono tante possibilità terapeutiche e dobbiamo applicarle tutte nel migliore dei modi. Inoltre, bisogna avere molta speranza, nella medicina quanto nella guarigione, in quanto ho verificato, nella mia lunga pratica clinica, che tanti casi considerati ‘difficili’ sono andati molto meglio di come erano le premesse iniziali.”
     Cancro e bambini: la lotta è più difficile?
     “Sì, il bambino fatica ad accettare tutto quello che gli causa delle difficoltà, non riesce a sopportare le terapie. In campo oncologico, le terapie causano fastidi e disturbi, temporanei e risolvibili sicuramente, ma mal tollerati dal bambino, che non se ne fa una ragione. D’altro canto, soprattutto in campo

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