tra XV e XVII secolo - Giorgio Vasari, Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, Francesco di Gentile da Fabriano, Neri di Bicci, Massimo Stanzione, Maestro di Stratonice -, che rappresentavano due tematiche spesso praticate da Riva: la figura femminile, Madonna e madre a testimoniare il filo diretto che lega il lavoro di Ugo Riva all’arte italiana antica.
L’eleganza del lavoro di Ugo Riva e l’utilizzo del modellato non-finito rimandano direttamente al mondo di altri bergamaschi illustri, Giacomo Manzù (Bergamo 1908 - 1991) certamente, ma anche a quelle straordinarie sculture del
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meno noto Francesco Spàngher (Trieste 1892 - Bergamo 1945), sfortunato artista triestino ma bergamasco di adozione, che Riva ha ammesso di avere sempre ammirato in gioventù nel cimitero monumentale di Bergamo, adornato da numerose opere dello Spanghero (così veniva italianizzato il suo nome negli anni ’40).
L’opera, al di là di ogni discussione critica, ha il merito di essere elegantemente discreta, non invadente e di essersi inserita nel tessuto urbano con grazia ed “educazione”, risultato non da poco, che non sempre riesce ad un artista quando progetta interventi urbani così rilevanti, ciò non toglie che si possano auspicare anche nella nostra città futuri interventi di arte urbana più in sintonia con le complessità del dibattito artistico contemporaneo, giusto per non scontentare nessuno (me compreso).
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