“Lo scorso ottobre, insieme all’amico Enzo Pagani - direttore della Libreria Buona Stampa di Bergamo - abbiamo fondato una scuola di scrittura dal titolo The Writers Method, in cui si insegnano, per la costruzione dei personaggi letterari, gli stessi processi di studio e d’immedesimazione introdotti nella recitazione da Konstantin Stanislavskij e affinati da Lee Strasberg, Elia Kazan e Stella Adler, docenti dell’ormai mitico Actors Studio di New York. Stiamo parlando della scuola di recitazione più conosciuta e autorevole del mondo, quella nella quale hanno studiato attori del calibro di Marlon Brando, Paul Newman, James Dean, Al Pacino, Meryl Streep, Susan Sarandon, Dustin Hoffman, Robert De Niro. Lo scrittore, così come l’attore, è chiamato a costruire dei personaggi all’interno di una storia. Quello della ricerca di sintonia col personaggio costituisce il momento creativo che accomuna maggiormente il lavoro di uno scrittore a quello di un attore. La grande differenza fra un narratore e un attore è che chi scrive deve riuscire a lavorare su tutti i personaggi della storia. L’anima dell’autore c’è nel protagonista, nell’antagonista, nei personaggi secondari, nel vecchio e nel bambino, nel marito e nella moglie, nel santo e nell’assassino. Se non si riesce con la propria sensibilità a catturare l’anima dei singoli personaggi, è meglio lasciare stare. Lavorare bene nella costruzione di un personaggio è fondamentale, perché costituisce l’unica arma nelle mani del narratore in grado di fare scattare nel lettore l’immedesimazione. L’unica via capace di dare avvio al processo più importante alla base di ogni tipo di esperimento letterario. Quello che consente al lettore di sentirsi visceralmente e sentimentalmente vicino al personaggio o, addirittura, di voler essere quel personaggio. Ecco, credo sia questo l’aspetto che più di tutti accomuni letteratura e cinema. La necessità di trovare la chiave narrativa giusta per fare immedesimare il lettore o, nel caso del cinema, lo spettatore in un determinato personaggio.”
     Nel tuo ultimo romanzo “L’Angelo ribelle” (Marco Tropea), traspare chiaramente come tu, da pugliese, ammiri Bergamo e la “bergamaschità”. Gabriele nasce a Bergamo e gira il mondo per scappare dalla realtà in cui è nato e che sente stretta per poi ri-tornare e ri-trovarsi ogni volta che la sua vita va in crisi. Quali sono i tratti più interessanti secondo te della nostra terra e di chi ci vive?
     “Sono tanti e tutti molto importanti. Anzitutto, il forte senso di autocritica. La prima cosa che mi ha fatto innamorare di Bergamo - oltre alla magia di Città Alta - è la mancanza di vittimismo dei bergamaschi. Non ho mai sentito un bergamasco dare la colpa di un proprio insuccesso a qualcun altro o alla sfortuna

        pagina 04 di 05
 
 
 
 
 
Infobergamo® - www.infobergamo.it è un prodotto H.S.E. - Leggi la nostra CDD - Validazione XHTML - CSS
Autorizzazione Tribunale di Milano n.256 del 13 aprile 2004. Vietata la riproduzione e la riproposizione non autorizzate di testi ed immagini.
Intervista, Angelo Roma, Letteratura, Cinema, Editoria, Romanzo, Angelo ribelle, Bergamasco, The Writers Method