alle tradizioni dei padri e dei nonni. Via Moroni, poco distante, è la fotocopia più sbiadita della più turbolenta, dinamica ed eterogenea via Quarenghi, ove gli stazionamenti pedonali di gruppi più o meno numerosi scandiscono una abitudine da strada poco avvezza ai bergamaschi, notoriamente più riservati e poco inclini a coltivare relazioni sociali di piazza.
La multietnicità, che da tabù sta diventando accettazione obbligata e fisiologica della trasformazione sociale, non si limita a presenze meramente numeriche sui marciapiedi o nelle strade del centro, ma si accompagna anche ad un dinamismo commerciale che si è tradotto in iniziative concrete di tanti cittadini extracomunitari. Solo in via Moroni sono state avviate attività non più legate ai tradizionali e monotematici kebab e call center, nei quali spesso si annidavano e forse continuano ad annidarsi altri e meno nobili interessi, ma che coinvolgono altri settori come quello dell’abbigliamento e dell’oggettistica varia. L’apertura di queste nuove realtà ha ovviamente compensato la chiusura, indotta da convergenze economiche non più sostenibili, degli storici negozi di bottega che nel borgo antico sono sempre stati il tratto caratterizzante della città ed il fulcro di una tradizione ormai in via di disgregazione.
La situazione attuale è quindi lo specchio di quella che verosimilmente sarà la fisionomia della città nell’arco di qualche generazione, un ambito, cioè, che avrà assunto, anche per una tendenza inarrestabile alla migrazione, contorni assai marcati. I nostalgici forse si commuoveranno davanti al profumo di polenta fumante, totem ed icona della storia contadina orobica, ma si saranno probabilmente assuefatti agli odori dei piatti speziati di altre e più lontane tradizioni culinarie. Anche le consuetudini che alcune comunità straniere riescono a conservare oltre le proprie frontiere, si pensi per esempio alle frequentazioni tra i numerosi sudamericani presenti sul territorio, qualificano una ritualità che si rinnova quasi quotidianamente e che si appropria di zone, come quella di San Lazzaro, una volta angolo pittoresco pregno di racconti di vita vissuta di una città remota.
Tra le tante comunità straniere mancano ancora i punti di incontro e di cerniera, anche perché resistono abitudini non sempre compatibili con i rispettivi stili di vita. Gli africani sono diversi dai sudamericani come dagli europei dell’Est e i fattori di vita, spesso severi, rendono difficili gli interscambi culturali. A Bergamo questa diversità balza all’occhio con evidenza e ciò che oggi appare un problema e una limitazione sarà nel tempo superato con un inevitabile avvicinamento generazionale che faciliterà i contatti ed agevolerà gli
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