fortemente l’attività delle imprese con più di 15 dipendenti, inducendo quelle più piccole a mantenere livelli occupazionali inferiori rispetto alle potenziali capacità di crescita. Per ovviare a questi ostacoli che, nel tempo, hanno inibito e continuano ad inibire la competitività su scala nazionale si invocano necessarie riforme che richiedono, però, condivisione e convergenza d’intenti delle parti sociali ancora troppo distanti sui grandi temi dell’occupazione.
     In questo difficoltoso contesto appare ormai indifferibile riformare il mercato del lavoro per riscrivere le garanzie, fino ad oggi incondizionate, del posto a tempo indeterminato, che disincentiva le assunzioni e promuove il precariato, e per eliminare tutte le rigidità del sistema a favore di una maggiore flessibilità anche contrattuale. Appare, poi, indispensabile rafforzare la lotta all'evasione fiscale, che diventa un imperativo categorico non solo per ragioni morali e di equità, ma per consentire la riduzione del carico delle imposte sul lavoro gravanti sulle imprese, per finanziare gli strumenti che vadano a sostegno della disoccupazione e, soprattutto, per sollecitare una sana concorrenza che favorisca la crescita delle realtà imprenditoriali sane ed efficienti.
     Non si può certo aspettare che si moltiplichino i Marchionne o che le imprese si espandano a macchia d’olio senza che il mercato interno venga stimolato con risposte chiare, concrete ed energiche e con tangibili dimostrazioni di sostegno da parte dell’Esecutivo. Tali interventi permetterebbero di aumentare rapidamente la produttività dell’economia italiana di servizi, bacino nel quale si possono e si devono reperire nuovi posti di lavoro per assorbire quelli sacrificati a causa della inevitabile delocalizzazione industriale. L’economia dei servizi, nelle società sviluppate e post-industriali, rappresenta, infatti, un’alta percentuale dell’occupazione e se la produttività dalla stessa generata aumentasse, crescerebbe il Prodotto Interno Lordo e si creerebbero nuovi impieghi, perché la maggioranza delle imprese dei servizi, al contrario di quelle industriali, non hanno ragione per essere delocalizzate. Purtroppo, questa opportunità, sia per ragioni ideologiche sia per resistenze lobbistiche, non viene adeguatamente sostenuta confermando una visione ormai antistorica dell’economia.
     Il requisito necessario per il rilancio dell’economia nazionale passa, quindi, attraverso la rielaborazione della struttura del mercato del lavoro e delle imprese italiane, a cominciare da quelle dei servizi. La spina dorsale del sistema economico imprenditoriale del Paese è costituita da milioni di piccole e medie imprese, alcune delle quali, percentualmente ancora molte, sopravvivono grazie

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