DA MILANO POLEMICHE, PROGRAMMI E POLITICA IN DECLINO
di Pierluigi Piromalli
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Le imminenti consultazioni amministrative per l’elezione del nuovo sindaco di Milano sono state precedute dalla consueta e stucchevole recita che è diventata tratto caratterizzante di qualsiasi comizio pre-elettorale scandito da slogan, accuse, frasi fatte e luoghi comuni in un trionfo di ovvietà che disorientano un’opinione pubblica ormai relegata a mero ruolo di osservatore e privata di qualsivoglia volontà critica. Una campagna elettorale, quella delle elezioni amministrative, che tutto è stato fuorché eleganza politica, ricorso a toni adeguati e civili, ma soprattutto sponsorizzazione dei propri programmi e obiettivi di governo.
La sensazione ormai prevalente è che si voglia battere la strada della veemente contrapposizione politica per acquisire consensi, scelta che francamente appare offensiva per l’elettorato, ma che proprio in quella parte meno scandalizzata dell’elettorato medesimo sembra attecchire. È difficile esaminare questa singolare patologia politica che travolge gli elettori, visto che il degrado istituzionale sembra essersi metastatizzato al punto che ogni tentativo di reazione appare più un esercizio di stile che una esternazione vigorosa per un atteggiamento non più tollerabile.
Sullo sfondo di queste scaramucce che riempiono i giornali e fanno la gioia degli astuti burattinai dell’informazione, regna sovrana l’infinita guerra del nostro Premier, sempre più ostile alla Magistratura e alle Procure, un conflitto che sta scadendo ad una rappresentazione di teatro d’avanguardia tra i due poteri dello Stato che rispediscono al mittente le rispettive accuse, rivendicando la propria autonomia e libertà d’azione.
L’altra battaglia mediatica combattuta sulla sponda del Lambro tra l’attuale sindaco Letizia Moratti e il suo più accreditato rivale Giuliano Pisapia dimostra come le liturgie politiche siano ormai degenerate in liti condominiali dal sapore grottesco con uno scambio di accuse che sinceramente lascia sbigottiti. Quel che è peggio è che nei palinsesti televisivi trovano accoglienza le parodie politiche dei moralizzatori di turno, i quali fungono da triste coreografia a queste scenette cabarettistiche, che si consumano con l’approvazione e l’imprimatur dei grandi Capi delle coalizioni interessate, insensibili a qualsiasi invito a riappropriarsi di un linguaggio e di una dialettica consoni al principio della rappresentanza elettorale. La sensibilità istituzionale, però, ha ormai da tempo abbandonato le amene frontiere dei colli capitolini e pare aver abbandonato
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