antri oscuri aveva impartito le direttive delle feroci azioni criminali che insanguinavano il mondo, da Bali a Riyàd, da Nassiriya a Istanbul e a Madrid. Bin Laden si muoveva con sicurezza in quelle grotte, come se avesse conosciuto i segreti di un vasto e ignoto regno sotterraneo che ricorda straordinariamente l'Agharti.
     Improbabile analogia? Vedremo subito che non è così. Perché l'inquietante “occultamento” di Bin Laden ricorda molto da vicino lo stravolgimento satanico del mito di Agharti, cominciato proprio un secolo fa e culminato con la celebre spedizione nazista in Tibet del 1939, l'anno in cui Adolf Hitler, ispirato da deliranti convinzioni esoteriche, scatenò la guerra più terrificante di tutti i tempi.
     Andiamo dunque alle radici del mito. La nostra storia comincia in Islanda, l'isola dei vulcani, dove un'antica leggenda narra di Huldufolk, un misterioso popolo che abitava nelle viscere della Terra, in un mondo inaccessibile creato dalla lotta del ghiaccio e del fuoco. Il mito riemerge, paradossalmente, proprio alla fine dell'Ottocento, nelle pagine di uno dei più famosi romanzi di uno scrittore innamorato del progresso scientifico: Jules Verne. I protagonisti del “Viaggio al centro della Terra”, viaggio che parte dalla fenditura di un cratere vulcanico situato in Islanda, scoprono infatti a molte leghe di profondità sotto la superficie terrestre un mondo vasto e inquietante, illuminato da una luce fosforica e sinistra, provvisto di montagne e di oceani, abitato da inafferrabili ombre umane simili agli spiriti dell'Ade. Esclama il giovane Axel, narratore della vicenda: “La parola caverna non rende il mio pensiero per descrivere quell'immenso spazio; ma le parole del linguaggio umano non bastano a chi si avventura negli abissi della Terra”.
     Fin qui, come appare chiaro, il mito del regno sotterraneo rimane confinato non solo nel folklore e nella finzione letteraria, ma anche entro l'area geografica dell'Europa settentrionale: strettamente legato alle saghe scandinave e germaniche, al mito atlantideo della Thule Iperborea, ai versi epici dell' ‘Edda’ e ai misteri dell'alfabeto runico, che lo stesso Verne si diverte a tirare in ballo fin dalle prime pagine del suo romanzo. Tuttavia, nel 1875, accade un fatto nuovo. Un altro scrittore francese, Louis Jacolliot, pubblica un libro, “Storia delle Vergini”, in cui riferisce la versione indiana di un mito asiatico fino ad allora sconosciuto in Occidente: il mito di Agharti. La prospettiva cambia e il regno ipogeo dei “perfetti” si trasferisce di colpo in Oriente, nello scenario delle steppe asiatiche dominate dalle possenti cattedrali di roccia himalayane.

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