di queste deliranti sette esoteriche, che utilizzano ormai la “svastika” come simbolo, predicano la supremazia universale della bionda razza ariana e auspicano la rigenerazione del mondo attraverso il “sanguinoso scontro con le razze inferiori e impure”. Già, ma dove attingere le energie per affermare il dominio dell'arianesimo germanico su tutti i popoli? Non bastano la disciplina, l'eroismo e la corsa agli armamenti. Bisogna far ricorso a dei poteri occulti. A un'arma di sterminio capace di vincere la potenza di tutti gli altri eserciti. Un'arma terrificante, in grado di devastare l'intera superficie terrestre. Il “grande fuoco” atomico? Forse…
     Ed ecco che, nel 1923, un esploratore polacco, Ferdinand Ossendowski, pubblica a Londra un libro intitolato “Bestie, uomini e dei”. Il libro fa scalpore e viene subito tradotto in francese e in altre lingue: è un resoconto di avventure che l'autore assicura di aver vissuto realmente viaggiando tra il Tibet e la Mongolia. Nell'ultima parte, che egli intitola “Il mistero dei misteri: il Re del mondo”, afferma di avere attraversato i territori situati sopra il regno di Agharti e di avere appreso da un lama tibetano tutti i segreti del misterioso mondo sepolto. Impossibile, egli dice, penetrare nel cuore di Agharti. L'ingresso del regno è nascosto, introvabile. Potrebbe essere in Afghanistan, in India o nel Nepal. I suoi abitanti sono milioni e il loro sovrano, il Re del mondo, vive in un castello-monastero edificato al culmine di una montagna sacra coperta di sacri templi, come il Dalai Lama nel Potala di Lhasa. I suoi poteri sono immensi. Egli governa occultamente il mondo, dirigendone i destini in modo misterioso. È circondato da una schiera di sapienti che: “possiedono tutte le forze visibili e invisibili della terra, dell'inferno e del cielo… e se la nostra folle umanità scatenasse contro di loro una guerra, essi sarebbero capaci di far saltare la superficie del nostro pianeta e di trasformarla in deserto”.
     Come ben sappiamo, l'esoterista francese René Guénon, che nel 1924 pubblicò l'illuminante saggio “Il Re del mondo”, interpretò il racconto fantastico di Ossendowski in senso simbolico e spirituale, osservando le sue concordanze con le dottrine segrete delle grandi tradizioni religiose. Guénon disse chiaro e tondo che non gl'interessava discutere dell'esistenza reale di Agharti e quindi della veridicità materiale del “diario di viaggio” di Ossendowski. Queste erano per lui questioni fuorvianti e di scarsa importanza, ma nei circoli pseudoiniziatici del nazismo, nelle menti malate di Hitler, di Himmler e di Karl Haushofer, la realtà fisica di Agharti si tradusse subito in un dogma di fede.

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