BENEVENTO E IL NOCE DELLE STREGHE
                                              di Massimo Jevolella

     Questa è una storia incredibile che ha inizio con alcuni ricordi personali.
     Era l’agosto del 1960 e io avevo dieci anni. Ero in vacanza in Valle d’Aosta e un giorno mi trovavo con mio padre e mio fratello su un sentiero della Valle di Ayas, vicino a Challant Saint-Victor. Eravamo accaldati e stanchi. Vedemmo un bell’albero grande e frondoso in mezzo a un prato e decidemmo di fare sosta sedendoci alla sua ombra. Poco dopo notammo una cosa strana: un anziano contadino, che si trovava a una cinquantina di metri da noi, si era messo a correre nella nostra direzione, con aria un po’ agitata. Quando ci giunse accanto, parlando nel suo dialetto poco comprensibile (il “patois” valdostano, misto di francese e piemontese) riuscì comunque a farci capire che dovevamo andarcene via in fretta da quel luogo. Mio padre volle vederci chiaro e gliene chiese una spiegazione. Alla fine la verità venne a galla: l’albero che avevamo scelto per stare un po’ all’ombra era un noce. L’ombra del noce, disse il contadino: «Può fare molto male».
     Non dimenticai mai quell’episodio, ma per molto tempo ne ignorai del tutto il retroscena culturale, fino a quando, nel 1975, un fatto imprevedibile cominciò a indicarmi la soluzione del mistero. Mi trovavo a Bologna, cronista alle prime armi nel “Nuovo Quotidiano” diretto da Enzo Tortora. Durante un’inchiesta conobbi un assessore del Comune, che aveva fama di essere un grande conoscitore del mondo contadino e del suo folclore. Mi venne in mente di raccontargli l’episodio del noce valdostano e di chiedergli che cosa ne pensasse. Lui subito, nel suo spassoso accento dialettale, mi disse: «Ma va là! Te non lo sai mica che questa l’è una superstizione antica di tutti i contadini del mondo? Dicono che il noce è una pianta maledetta, un albero del diavolo! Ma forse c’è pure una spiegazione scientifica: pare che le foglie del noce contengano una sostanza che filtrando la luce del sole la rende nociva… e poi non è un caso che la parola “nocivo” sia così simile al noce. Vuol dire forse che il noce rende nocive le cose, vè!»
     Per quanto approssimative e un po’ scherzose, le argomentazioni dell’assessore bolognese dovevano contenere qualcosa di vero. Su questo non v’era dubbio. Per esempio, il fatto che la paura del noce fosse una superstizione diffusa da tempo immemorabile nel mondo contadino: dunque, non solo la fissazione personale e stravagante di quel vecchio valdostano, che mio padre aveva scambiato per un povero matto.

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