TRE PICCOLI SEGRETI DI PAVIA
di Massimo Jevolella
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Michel Eyquem de Montaigne, il grande pensatore francese del secolo XVI, scrisse in uno dei suoi Saggi che non è necessario ricorrere al latino per esprimere i concetti più ardui ed elevati. Può andare benissimo anche il bergamasco. Allo stesso modo, si può dire che non è necessario andare in capo al mondo per scoprire chissà quali meraviglie e misteri. Basta compiere un breve viaggio. Anzi, brevissimo. Per esempio: basta andare a Pavia. Armati solo di un pizzico di curiosità.
Pavia è una città per certi aspetti incredibile. Possiede storie, bellezze e tesori d’arte di primissima grandezza, eppure non si è mai sognata di valorizzarli un gran che. Il turismo di massa la ignora del tutto (un po’ come accade per Bergamo e la sua meravigliosa Città Alta, n.d.r.), con l’unica notevole eccezione della magnifica Certosa, che tuttavia non fa parte della città, ma ne dista alcuni chilometri in direzione di Milano. Il centro storico cittadino è snobbato in modo pressoché incomprensibile, nonostante il bellissimo castello visconteo, le splendide chiese romanico-gotiche e le atmosfere pittoresche del Borgo Ticino dominato dalle antiche arcate del Ponte Coperto (distrutto dai tedeschi in ritirata nel 1945, perfettamente ricostruito nel dopoguerra e ben degno di figurare accanto ad altri celebri ponti italiani, come il Ponte Vecchio di Firenze). Tuttavia, non è di queste attrattive da dépliant turistico che desidero qui parlare. Il mio è invece un invito a scoprire alcune piccole cose un po’ strane e nascoste. Tre piccoli segreti, tre storie affascinanti, ma ignorate perfino da molti cittadini della stessa Pavia.
Il nostro giro comincia dall’estremità orientale del Lungo Ticino Sforza. Qui il marciapiede si allarga in un ampio belvedere e qui appare il primo dei nostri misteri. È un enorme edificio, una sorta di capannone fatiscente sospeso come una palafitta su quattro poderosi pilastri di cemento, e collegato al fiume da una rampa lunga una cinquantina di metri. Di che si tratta? Nessuno lo sa. È come un Ufo, un oggetto non identificato. La gente che qui nelle belle stagioni si affolla nei pomeriggi domenicali, per la classica passeggiata lungo il fiume, getta uno sguardo distratto a quel goffo edificio sbrecciato, senza sapere alcunché del suo significato e della sua storia. Vede solo dei finestroni distrutti e delle serrande arrugginite. Forse prova anche un po’ di disgusto per quel rudere penoso e incomprensibile. Non sarà per caso un ecomostro? E invece, se sapessero la verità…
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