invidiato nella corte del re Teodorico. Era un uomo saggio, onesto e inattaccabile dal punto di vista morale, ma proprio quella fu la sua disgrazia. Un uomo così non poteva restare al potere!
Fu ordito un complotto ai suoi danni. Fu infangato. Fu ingiustamente accusato di tradimento e Teodorico credette ai suoi accusatori. Così, da un giorno all’altro, Severino perse tutto: casa, famiglia, prestigio, libertà. Fu
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arrestato e condotto in catene a Pavia, dove languì per qualche tempo in una cella gelida. Era l’inizio dell’anno 524. Durante la prigionia scrisse il suo capolavoro filosofico: “La consolazione della Filosofia”, un libro che dopo quindici secoli si può leggere ancora come un manuale attualissimo di etica e di spiritualità. Alla fine di quello stesso anno venne prelevato dal carcere e condotto in una località a nord di Pavia, detta Ager Calventianus, dove venne barbaramente trucidato.
Nel suo libro immortale scrisse che le alte cariche di potere finiscono quasi sempre nelle mani delle peggiori canaglie. Sostenne che la società umana è simile a una compagnia di folli che vivono immersi nell’illusione: giudicano vero il falso e sguazzano incoscienti nella totale inversione dei valori. Fu un martire del potere violento che umilia i puri di cuore ed esalta i corrotti.
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