nuova angolatura mi accorsi che il famoso guado di lastroni era una semplice beffa, perché dopo la svolta andava a morire contro un muro di roccia! Se avessi scelto quella via, che all'apparenza era fatta apposta per proseguire il cammino, avrei rischiato di cadere nel lago inutilmente! Dunque avevo agito saggiamente nello scartare il percorso di cui non vedevo con chiarezza il punto d'arrivo…
     Davvero cominciai a pensare che questo architetto Manini non doveva essere un personaggio da poco. Mi tornarono alla memoria i romanzi dell'iniziazione cavalleresca medievale (la “Cerca del Santo Graal”, di Gautier Map, per esempio) e mi resi conto che, fatte le debite proporzioni - io non combattevo coi draghi, non cavalcavo destrieri, non maneggiavo lance e spade e non mettevo in salvo le principesse rapite! - anch'io tutto sommato mi trovavo in una situazione simile a quella dei cavalieri erranti. Ripresi perciò il cammino con rinnovato entusiasmo.
     M'inerpicai sulla cima delle torri merlate che svettavano sulla valle di Sintra, visitai la magica grotta di Leda e del Cigno e mi si strinse il cuore davanti alla stupenda serra botanica abbandonata, sul cui ingresso spiccava un grande pannello di azulejos (le tipiche ceramiche azzurre portoghesi) che raffigurava un antico rito misterico in un paesaggio metafisico degno dei migliori quadri di De Chirico, ma ormai sentivo che i miei passi erano sicuri, che non correvo più il rischio di imboccare una direzione sbagliata. Tutto dipendeva ormai dalla mia tenacia, dal desiderio di andare fino in fondo all'impresa.
     Alla fine, giunto al culmine del sentiero, trovai la porticina del tanto agognato pozzo iniziatico. Nel punto più alto e luminoso del cammino dovevo ridiscendere verticalmente nel cuore della terra, lungo le spire della scala elicoidale che sprofondava nuovamente nelle tenebre. In fondo in fondo, quando potei uscire dalla scala nel centro del pozzo e abituai la vista al chiarore fioco che filtrava dall'alto, vidi distintamente raffigurata sul pavimento una rosa dei venti. Avevo percorso tutta quella strada per contemplare quell'immagine. Che cosa voleva dire? La rosa indicava i vari punti di un immaginario orizzonte. Era un estremo invito a scegliere la giusta direzione. Il punto d'arrivo era dunque un nuovo punto di partenza. Non c'era nulla di concluso, nessuna coppa o corona o conquista da esibire. Bisognava ripartire, ritentare, ricominciare ogni cosa da capo per l'ennesima volta.

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