Mentre sul mio comodino attende di esser letto “Un cappello pieno di ciliegie”, romanzo-tomo postumo dell’autrice, il quale ripercorre in punto di morte le tappe salienti della propria vita, una sera mi è capitato fra le mani un suo libro che da tempo attendevo di rileggere: “Intervista con il Potere”. Incuriosita, l’ho riaperto e subito ne sono stata rapita.
     Pubblicato postumo nel 2009, sulla base degli appunti che la scrittrice lasciò al nipote prima della sua morte, questo romanzo è il seguito ideale di “Intervista con la Storia”, romanzo del 1974, che fece epoca, fu tradotto in tutte le lingue del mondo e studiato nelle maggiori università, continuamente ristampato. Da anni le persone aspettavano un seguito a questo primo libro, anche in virtù del fatto che nessuno come Oriana Fallaci era mai riuscito ad avere accesso a persone di tal calibro, quelli che potevano realmente decidere del destino dell’umanità.
     Il libro è composto da due parti: la prima (che dà il titolo al libro) contiene i due straordinari reportage che la giornalista realizzò nel 1979 per il “Corriere della Sera”, l’intervista all’ayatollah Ruhollah Khomeini, che le venne eccezionalmente accordata a Qom, dopo che lo scià Reza Pahlavi aveva abbandonato l’Iran con la propria famiglia, e quella al colonnello Muammar Gheddaffi, a Tripoli, realizzato poco dopo il bombardamento di Tripoli da parte americana e corredato dalla foto della giornalista insieme al colonnello nella leggendaria tenda di quest’ultimo.
     Nella seconda parte del libro, quella che va dal 1964 al 1982, sfilano davanti ai nostri occhi i nomi che hanno fatto realmente la storia del potere nella seconda metà del Novecento, in una raccolta di interviste realizzate dalla Fallaci come inviata de “L’Europeo”: Robert Kennedy (1964), James Farmer (1967), il Dalai Lama (1968), Rashida Abedo (1970), Faruk El Kaddoumi (1970), Sandro Pertini (1973), Giovanni Malgodi (1974), Ugo La Malfa (1974), Giancarlo Pajetta (1974), Enrico Berlinguer (1980), Deng Xiao-ping (1980), Lech Walesa (1981), Mieczyslaw Rakowsky (1982) ed Ariel Sharon (1982). “Una indimenticabile galleria di umanitari e guerrieri, capi spirituali, ideologi e uomini d’azione” leggiamo nella prefazione del libro. Ad ognuna è premesso un ritratto, più o meno sintetico, con il quale Oriana Fallaci ci introduce il personaggio che andiamo a conoscere e l’ambiente nel quale si svolge l’incontro.
     Ci si può smarrire in queste interviste, si viene rapiti dalle parole del libro, di certo Oriana riesce a svelare gli aspetti più nascosti di queste personalità: i deliri di onnipotenza del colonnello Gheddafi sul suo Libro Verde e la Jamahiriya, il congresso del popolo; la gelida freddezza degli occhi verdi della “pasionaria”

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