dell’Agricoltura, da parte del Commissario Europeo per la Salute John Dalli, secondo il quale comunque anche a partire da gennaio 2012, oltre 51 milioni di pennuti in almeno 11 Stati europei, tra i quali l’Italia, saranno allevati in gabbie non adatte. Egli ha anche assicurato che la Commissione adotterà procedimenti di infrazione contro quei Paesi che con l’inizio del 2012 non saranno in grado di rispettare le regole, ma gli eurodeputati hanno obiettato che i procedimenti sono lunghi e per questo, spesso inefficaci. Alle fine da tutta questa situazione potrebbero trarne vantaggio i produttori che non si sono messi in regola, mentre quelli che hanno affrontato i costi per l’aggiornamento degli impianti si ritroverebbero ad aver migliorato sì il benessere delle galline ovaiole, ma a scapito della produttività dell’azienda. Chi si è messo in regola si troverebbe quindi a subire una concorrenza sleale da chi in regola non è.
     In Italia, il problema è stato affrontato dal nostro Ministero delle Politiche Agricole con decreto del 3 agosto 2011 “Disposizioni per la presentazione di istanze di adesione volontaria al programma di adeguamento degli impianti di allevamento delle galline ovaiole alle norme per il benessere degli animali” e si è dato tempo 36 mesi per la messa in regola delle imprese che vogliono continuare a produrre adeguando le proprie strutture. “Gli allevatori italiani sono i primi a riconoscere che la salute degli animali va rispettata”, sostiene in un’intervista rilasciata alla stampa nazionale Guido Sassi, presidente di Avitalia (Unione Nazionale Produttori Avi-cunicoli), “ma l’attuazione della direttiva comporta un aggravio di costi di produzione stimabile in circa 20-30 euro a gallina. In un periodo difficile come questo, caratterizzato da margini di guadagno non proprio esaltanti, gli allevatori faticano ad adeguarsi alle nuove regole”.
     Intanto gli esperti del servizio ispettivo della commissione, l’Ufficio alimentare e veterinario (UAV), inizieranno a visitare gli stati membri a partire da gennaio 2012, per verificare come stanno procedendo i lavori di adeguamento. Cosa succederà è difficile dirlo; nei prossimi mesi la situazione dovrebbe divenire più chiara, ma nel frattempo non si può escludere un grosso rischio, quello delle importazioni di uova a basso costo (di batteria?) dai Paesi extra UE, prodotti ottenuti senza tenere in alcun conto le misure per il benessere dell’animale. Inoltre, le nuove regole potrebbero anche favorire la migrazione degli impianti di produzione in nazioni dell’Est europeo.
     Sta a noi fare la scelta giusta, per tutelare questi poveri animali e la nostra salute. Oltre ad aspettare che la legge faccia il proprio corso e gli allevatori si

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