e la cura di tutte le patologie che riguardano questo organo così importante, nonché la corretta informazione al cittadino in merito alla prevenzione precoce e al corretto stile di vita, oltre a promuovere la ricerca in questo campo. Ovviamente, essendo una onlus si avvale di finanziamenti e contributi da parte dello Stato, ma anche da parte dei privati, tutti possono dare il proprio contributo per aiutare la lotta contro i tumori e le patologie epatiche, anche semplicemente destinando il 5 per mille della dichiarazione dei redditi (www.asfopv.it).”
     La nostra impressione è che il fegato sia un organo molto colpito anche come conseguenza di tumori originati in altre sedi (le metastasi). È corretto?
     “Sì, per un motivo molto semplice: il fegato è un organo molto vascolarizzato e ha una grandissima funzione di filtro in quanto gran parte del sangue passa attraverso di esso. La maggior parte dei tumori gastrointestinali si alimenta attraverso un sistema venoso proprio, il quale, sfruttando la vena che passa attraverso il fegato, la vena porta, è quasi inevitabile che molte cellule tumorali passino attraverso il fegato dando luogo alle metastasi.”
     Quanto è diffuso il tumore del fegato in Italia? A che punto sono le cure?
     “Per il motivo di cui sopra, il tumore al fegato è abbastanza diffuso, ma le possibilità terapeutiche sono davvero tante. Nel caso dell’epatocarcinoma, proprio negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi nelle cure, mentre per il trattamento della malattia secondaria abbiamo a disposizione molte armi, farmacologiche e chirurgiche: la resezione epatica, anche in più tempi, l’embolizzazione portale delle lesioni, la chemioterapia mirata, su tutto l’organismo o localizzata all’organo, e i trattamenti per cutanei, quali la radiofrequenza e l’alcolizzazione percutanea.”
     In conclusione, come medico, in tutti questi anni di professione e ricerca, qual è stato il suo momento più triste e quale la sua più grande soddisfazione?
     “Momenti tristi fortunatamente non ne ho avuti molti. Certo, quando ti trovi davanti un giovane paziente, un amico, peggio ancora se un amico e collega, diventa tutto più difficile, sono momenti brutti; prima li affrontavo più facilmente, invecchiando è diventato tutto più difficile… Mentre per quanto riguarda il mio momento più bello, beh direi, questi miei ultimi anni: sto crescendo una ‘covata’ di giovani medici davvero eccezionali, a partire da Guido Poggi, mio fratello Antonio, Raffaella Palumbo e Cristina Teragni, la mia prima specializzanda. E poi, tutti gli altri giovani che lavorano con me in questo reparto, persone straordinarie… peccato che poi gli altri ospedali me li ruberanno appena si specializzeranno!” Quindi, se potesse ritornare indietro nel tempo rifarebbe la scelta di diventare oncologo? “Assolutamente sì.”

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